Savona, 21 febbraio 2023 – Malvina Abbattista abita a Savona, è stata per 7 anni nell’Esercito Italiano (Lancieri di Montebello e Artiglieria Contraerea) e una volta lasciata l’uniforme ha fondato Equus Lab, un laboratorio per l’approccio allo sport dell’equitazione per i bambini dai 2 ai 6 anni.
Ma oltre a questo, Malvina aveva un sogno: condividere con chi ne ha necessità quel meraviglioso e potente rimedio ad ansie, preoccupazioni, paure, disagio, tempeste che sono gli animali in generale e gli equini in particolare.
La sua idea era quella di portare i suoi animali nelle strutture per gli anziani e negli ospedali così che gli ospiti potessero trarre giovamento dalla loro presenza silenziosa, calda e comprensiva.
Che detta così sembra semplice, ma in realtà per attirare l’attenzione sul suo progetto Malvina ha organizzato una marcia con i suoi collaboratori: in gennaio ha preso i suoi tre Shettie e due cani e ha percorso i 41 km che separano Castelbianco da Albenga.
L’operazione visibilità ha funzionato, perché adesso Malvina e i suoi aiutanti hanno cominciato a prestare il loro servizio in centri sociali e anziani: proprio come fa Dottor Peyo, lo stallone francese che con il suo proprietario e cavaliere, l’algerino Hassen Bouchrakour, porta conforto e dolcezza agli ammalati terminali.
Malvina, ma l’ha ispirata Peyo per il suo progetto?
“In realtà no, tutto è cominciato perché vengo da una famiglia dove ci sono tre infermieri. Crescere con persone che si sono sempre occupate della salute degli altri ha fatto sì che mi venisse naturale voler condividere quella che io ho trovato sia una cura meravigliosa, cioè avere degli animali vicini in momenti anche psicologicamente difficili. Poi negli anni, informandomi sul come realizzare questa cosa, sono venuta a sapere di Peyo. Ed è bellissimo sapere che c’è qualcun altro che ha sentito quanto fosse importante riuscire a portare gli animali dove ci sono persone che soffrono. Peyo è una fonte di ispirazione e motivo di ancor più entusiasmo nel cercare di farlo nel mio paese: lui è un portabandiera”.
Quali animali la accompagnano in questo servizio?
“In quello che era il mio giardino ho conigli, caprette, una pecora, un’asina, 4 miniature horse e cani per un totale di 21 animali. Oggi per esempio ho portato i cavallini, i cani e la pecora Lady Diana”.
Le piacciono i nomi importanti.
“Ci tengo a trovare i nomi giusti: come quello di Margaret Thatcher, la mia capretta nata figlia unica. Delle altre una si chiama Jane, come Calamity Jane: è nata durante una tempesta ed è stata capace di andare al coperto da sola, mentre sua mamma era impegnata a partorire la sorellina. Che si chiama Lizzy, dalla protagonista di Orgoglio e Pregiudizio Elizabeth Bennet e ha per l’appunto una sorella di nome Jane”.
Come si occupa del loro benessere?
“Alla Equus Lab i mezzi agricoli li uso io, i miei animali li sposto da sola. E’ difficile essere capobranco, devo pensare a tante cose: allora tengo un diario, come le mamme di una volta. Segno tutto: terapie effettuate, interventi, medicine somministrate, operazioni colturali sul terreno per la gestione dei parassiti e poi la somministrazione di vaccini, vermifughi e via dicendo. E’ complicato farlo bene: possiamo cercare di far vivere i nostri animali al meglio, come se fossero liberi curando il loro equilibrio mentale pur essendo in cattività. Ma non sono liberi: e ritengo un dovere mantenere il loro equilibrio, la loro integrità di essere animale. E’ importante non oltrepassare mai la soglia delle nostre necessità in equilibrio con le loro, avere bene a fuoco quali sono le loro priorità e fare il massimo perché vivano bene”.
Come ci si prepara a un impegno del genere?
“Oltre all’esperienza personale (Abbattista viene dagli sport equestri) è necessario leggere tanti libri, guardarsi intorno per vedere cosa fanno gli altri, confrontarsi con diversi allevatori: da chi lo fa per passione a chi per lavoro o volontariato, c’è solo un modo per far bene le cose. Tutto il resto sono chiacchiere, dobbiamo semplicemente fare il massimo”.
I suoi pet fanno un lavoro impegnativo: è una responsabilità non piccola, anche la loro.
“Per iniziare a portare avanti questo impegno ho dovuto prima di tutto conoscere bene i miei animali, chi era più disposto e predisposto a entrare in contatto con gli umani. Perché anche i cavalli, i pony, le pecore e i cani hanno caratteri uno diverso dall’altro, esattamente come le persone. Quindi primo step: capire quali tra di loro potevano iniziare questo percorso. Una volta individuati quelli che si prestavano di più ho iniziato ad effettuare ogni tanto una visita, saltuariamente. Ho notato che alcuni di loro durante il viaggio sudavano o erano in agitazione, allora non li portavo la volta dopo: adesso lo squadrone è ben definito, so con chi posso lasciare ognuno di loro”.
Le caratteristiche di quelli ritenuti adatti?
“Attila, lo stalloncino Shettie, sta meglio con gli uomini che con le donne: lui ha bisogno del contatto fisico, è uno stallone dominante, cerca tanto il contatto e gli piace che altrettanto venga fatto con lui. Mirtilla invece riesce a dare il meglio di sé con i pazienti psichiatrici, sembra davvero una predisposizione la sua, sta fermissima quando ha vicino bambini anche molto piccoli”.
Lei che ruolo ha quindi all’interno dello squadrone?
“Dico sempre che io alla fine sono soltanto il loro manager: organizzo e gestisco gli incontri, decido chi andrà con quella persona o l’altra”.
Risultati?
“Pressoché inverosimili: ci sono pazienti che non riconoscono il figlio, ma identificano l’animale e si sforzano di mangiare per poi dar da mangiare anche al pony. Altri che ci hanno ringraziati perché diamo loro nuovi ricordi da raccontare ai loro cari – e detto da un centenario fa un certo effetto, mi creda”.
Cosa ha imparato con i suoi animali?
“Il senso del sacrificio, della responsabilità, la gestione del tempo e dei materiali. Impari le modalità anti-spreco che erano i principi cardine della società. Ho imparato che gli anziani e i pazienti psichiatrici azzerano tutto: noi viviamo in un mondo di possibilità e non combiniamo nulla a volte, mentre loro puntano tutto su poche cose e le assaporano fino in fondo. É il modo di vivere degli animali in fondo, che si focalizzano sulle cose veramente importanti: sopravvivere, nutrirsi e fare gruppo”.
La parte che le piace di più di questa esperienza?
“Quando riesco a scardinare il bigottismo degli scettici e far vedere che si può fare anche quello che sembrava impossibile da realizzare. Sono le conquiste migliori. Poi stare con loro, con tutti i miei animali: li amo a 360° e questo è un valore aggiunto nel mio percorso. Anche il fatto che mi mettano in connessione con altre persone: ad esempio mi è nata una puledra, figlia di Attila e Mirtilla. Il nome a lei lo ha dato una famiglia ucraina: come Equus Lab abbiamo dato una mano a trovare aiuti per le famiglie che sono fuggite dalla guerra, alcuni di loro sono venuti a passare un po’ di tempo qui con noi. Negli animali, nei cavalli hanno ritrovato casa perché hanno nuovamente riprovato sensazioni positive: e alla puledra hanno dato il nome di Lilya, che significa la forza della purezza. Lilya ha la faccetta dolce di sua madre e l’audacia sconfinata di suo padre, lei viaggia da sola, sempre: si destreggia tra le caprette che sono più grandi di lei e ha identificata come zia Nonna Agata, l’asina, che se l’è presa sotto l’ala. Agata ha un caratteraccio, è scorbutica con tutti: tranne che con Lilya che le può fare quello che vuole. Perché anche loro funzionano come noi: per stare bene mettono in moto un continuo travaso di sensazioni positive”.