Bologna, 17 luglio 2024 – Oltre 2500 persone hanno assistito all’anteprima dello spettacolo di Teatro Equestre che è stato messo in scena a Blera il 13 e 14 luglio, con l’organizzazione curata dal Comune e dalla locale Associazione Amici del Cavallo Maremmano e Tolfetano e con il sostegno finanziario della Regione Lazio. Lo spettacolo è stato molto apprezzato dal pubblico che ha sottolineato con lunghi e calorosi applausi molti dei messaggi emozionali che sono stati veicolati dagli artisti e dai loro cavalli.
Nel cast Letizia Benedetti, Piera Bertocci, Erica Camilli, Andrea Celani, Elisa Di Curzio, Loretta Minollini, Massimiliano Ortenzi, Enrico Maria Scolari, Luca Tassotti, Thalis e Diego.
Abbiamo intervistato Rodolfo Lorenzini, ideatore e regista dello spettacolo.
Che cosa ha ispirato questo spettacolo?
«Nel momento in cui mi è stata offerta questa opportunità ho deciso di puntare su un vero progetto artistico di tipo Teatrale con due punti fermi. Il cavallo come potentissimo mediatore culturale e sociale di emozioni, di storia, di tradizioni. Un ruolo che il cavallo ha sempre svolto dagli albori dell’umanità sino ad oggi e di cui oggi moltissimi non hanno più la consapevolezza o, ancor peggio, da parte di altri, si tenta di distruggere. Quindi un recupero della figura sociale del cavallo. Il secondo punto fermo è stato quello di mettere in evidenza, è questo è il compito del teatro in genere, l’attualità di alcuni temi importanti, come quello della violenza sulle donne, della valorizzazione delle passioni e della spontaneità dei giovani, del rispetto degli animali, della fiducia e dell’empatia tra uomo ed animale, nonché ovviamente quello delle grandi emozioni (il coraggio, la gioia, la malinconia, etc) che costellano la nostra esistenza di esseri umani».
Perché questo titolo?
«Lo spettacolo è un caleidoscopio di format, di immagini, di musica, di canzoni e di citazioni. Si va dal circo (lo spettacolo più antico del mondo) ad alcune figure di arte equestre, ad alcune immaginazioni ed interpretazioni del lavoro in libertà. Alcune veramente pop ed altre di cultura alta. Il cavallo è un attore straordinario dotato di una potenza carismatica enorme la cui visione già da sola agisce sul nostro inconscio. Ma in scena è un attore muto le cui azioni sono determinate dalla sensibilità degli artisti che lavorano con lui. Pensando di tenere insieme tutto questo e soprattutto di dare una chiave di lettura al pubblico ho sottolineato, dal punto di vista scenico, le emozioni con i colori che le rappresentano. Ne è così venuto fuori uno spettacolo di cavalli, luci, colori, suoni ed emozioni. Dove ogni artista porta il suo colore e la sua emozione, ma tutti questi colori messi insieme diventano l’arcobaleno, che è un simbolo dotato di valori spirituali ed emotivi universali».
Ci sarà un futuro per questo spettacolo?
«Adesso inizia la fase più difficile che è quella della post-produzione e della promozione. Il format è molto potente e soprattutto assolutamente versatile. Alla base ci sono un’idea scenica ed una liturgia artistica che possono essere adattate, nei giochi di ruolo, ai bambini delle scuole elementari con delle scope al posto dei cavalli, o che possono essere utilizzate come masterclass alle scuole di formazione per artisti equestri, o che possono essere rappresentate nelle sedi mondiali più prestigiose con cast stratosferici e musiche dal vivo. E’ una chiave di lettura del nostro rapporto con il mondo. Dove il cavallo catalizza e rappresenta la metafora dell’arcobaleno. Mi auguro che questo messaggio sia percepito e rilanciato. Insomma per citare il frate cappuccino Wildiers, predicatore, filosofo e teologo, spero che tra cento anni questo sia lo spettacolo equestre più rappresentato al mondo».