Bologna, 24 dicembre 2020 – Oostduinkerke, piccola frazione di Koksijde, a 20 chilometri da Ostenda lungo la costa belga del Mare del Nord: l’unico posto al mondo dove i gamberetti si pescano a cavallo.
Solitamente si usano barche e reti, ma qui i pescatori mantengono viva e intatta una tradizione che affonda le radici nel Medioevo. Ne troviamno testimonianza già a partire dal 1500, anno in cui nei registri dell’abbazia cistercense di Ter Duinen si leggono note relative all’acquisto di reti (seynen). E ancora, negli archivi di Bruges, risalenti alla stessa epoca, si racconta di un tipo di pesca praticato con la rete a strascico (seynevissen) trainata da grandi cavalli “lourdes” (pesanti).
Un tempo diffusa lungo le coste del Mare del Nord, dalla Francia, al Belgio, all’Olanda, così come sulle coste dell’Inghilterra del sud, questo tradizionale tipo di pesca è sopravvissuto al passare del tempo solo a Oostduinkerke, sia grazie all’ecosistema che favorisce il proliferare dei gamberetti, sia grazie a un gruppo di pescatori che a cavallo si spingono ancora lungo le secche del mare alla ricerca di una varietà speciale di gamberetti grigi.
Un’arte e una tradizione il cui valore è stato riconosciuto dall’Unesco che l’ha inserita nell’elenco del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
La pesca si pratica solo un paio di giorni la settimana e si comincia presto, al mattino quando c’è la bassa marea. I possenti cavalli da tiro di razza brabantina, famosi per una resistenza incredibile oltre che una mole notevole, vengono scortati fino alla battigia e i paardenvissers, il nome dei pescatori, predispongono le lunghe reti triangolari, e ai lati delle selle sistemano delle grosse ceste di vimini per il pescato.
Un tempo venivano impiegati anche muli di montagna che venivano trasportati sulla costa con lunghi convogli.
Oggi sono soltanto i cavalli a fornire questo servizio: entrano nel mare e quando l’acqua arriva al petto cominciando ritmicamente a setacciare il fondo assieme ai i pescatori in sella, vestiti con luminose cerate gialle e stivaloni di gomma. Calcolando la giusta distanza, si allineano in senso parallelo alla spiaggia. Quando gli animali sono immersi quasi fino al petto, si comincia a setacciare lentamente e accuratamente il fondo. La sessione dura circa un quarto d’ora.
Il motivo di tanta affezione a questa tradizione sta nell’ecosistema del luogo, che favorisce il proliferare dei gamberetti, ma anche e forse soprattutto nella caparbietà dei pescatori. Che sono ormai pochi, eppure determinati a tener viva la tradizione e tramandarla di generazione in generazione.
AP