Roma, 8 dicembre 2017 – Torna di attualità l’argomento “cavalli da macello“ a seguito del comunicato stampa della Federazione Italiana Sport Equestri di poche ore fa sul prorio sito istituzionale www.fise.it: “Il Consiglio Federale non ha mai deliberato e non delibererà mai l’autorizzazione alla macellazione dei cavalli atleti! La Federazione smentisce, quindi, con assoluta fermezza ciò che circola sui social network. La notizia è falsa, come è falso che un cavallo dichiarato NON DPA possa tornare ad essere DPA” sono degli stralci che chiariscono a chiare lettere la posizione dalla Federazione Italiana Sport Equestri in merito alla questione del cavallo sportivo DPA “Destinato alla Produzione di Alimenti”, in parole più “schiette” al macello, .
Facciamo il punto sulla questione Cavalli DPA o NON DPA, e riportiamo parte dell’approfondimento trattato da Cavallo Magazine n.355 di giugno 2016.
La Legge Italiana
Il consumo della carne equina è una realtà con cui “fare i conti” anche se inorridisce gli horse-addicted ed è oggetto di campagne feroci di animalisti, puristi e moralisti. Il cavallo Destinato alla Produzione Alimentare deve avere sul passaporto la seguente dichiarazione nella sezione IX – Ex Parte III – “il sottoscritto proprietario/facente le veci del proprietario, dichiara che l’animale di cui al presente documento di identificazione è destinato alla macellazione ai fini del consumo umano” , quindi per la durata della sua vita deve avere un curriculum sanitario preciso con obblighi dettati dalla Legge italiana – esempio registro con annotazioni dei medicinali utilizzati, registrazione della movimentazione, ecc… -. Di conseguenza, ma non è così logico come può sembrare, la carne di cavallo DPA che arriva sulla tavola degli italiani è priva di sostanze che mettono a rischio la salute dell’uomo perchè ha condotto una vita “sana”, o comunque controllata da vetrinari e addetti ai lavori senza uso di sostanze chimiche particolari.
Mentre il Cavallo NON DPA è l’esemplare che ha sul passaporto la seguente dichiarazione della sezione IX – parte II – “esclude definitivamente ogni possibilità di macellazione dell’animale ai fini di consumo umano” firmata dal proprietario e dal rappresentante dell’autorità competente.
È una “semplice” firma del proprietario che ha una valenza importante sulla macellazione o meno del cavallo. Infatti a differenza dello status del cavallo DPA la scelta di dichiarare il proprio cavallo NON DPA è irreversibile. Non si può cambiare in corso d’opera per legge!
Panorama Europeo
A febbraio 2017 il Parlamento Europeo, “sensibile” al tema dell’abbandono degli equini, ha formulato una proposta NON LEGISLATIVA per la reversibilità dello status di “non macellabile”. In data 14 marzo a Strasburgo il Parlamento Europeo non ha permesso la reversibilità della registrazione NON DPA. Riportiamo la parte del testo approvato “nota che per gli equidi non destinati al macello per la produzione di alimenti per consumo umano (equini registrati come non DPA) non vi è nessuna registrazione, in taluni Stati membri, di farmaci somministrati e si può ipotizzare la loro immissione nel circuito della macellazione clandestina con grave rischio per la salute pubblica; invita quindi la Commissione a colmare questa lacuna normativa;”.
La Federazione Italiana Sport Equestri
La Fise ha intrapreso in questi anni, anche con diversi Presidenti e con il Commissario Gianfranco Ravà, una strada assolutamente chiara per la gestione DPA/NON DPA dei cavalli sportivi, ribadita in data odierna a chiare lettere con la Presidenza di Marco di Paola e con il suo Consiglio Federale “…non ha mai deliberato e non delibererà mai l’autorizzazione alla macellazione dei cavalli atleti!”. Infatti il Regolamento Generale Fise Art. 33.2 riporta “33.2 L’iscrizione al Ruolo federale del cavallo conferisce al cavallo la qualifica di “cavallo atleta”, qualora lo stesso non sia destinato alla produzione di alimenti (così detto non Destinato alla Produzione di Alimenti “DPA”). Tale previsione è necessaria per i cavalli iscritti al Ruolo federale che svolgono attività sportiva”.
Inoltre gli ufficiali di gara giocano un ruolo fondamentale sullo status DPA/NON DPA di un cavallo sportivo. Se sul passaporto del cavallo iscritto alle gara di una qualsiasi disciplina di egida FISE non compare la dichiarazione del proprietario NON DPA – sezione allegato IX – parte II -, gli ufficiali di gara hanno l’obbligo di sospendere il cavallo DPA dalle gare del concorso e ad inviare comunicazione in merito alla Fise centrale affinché provveda alla sospensione temporanea del cavallo. Tale sospensione potrà essere revocata non appena l’allegato IX sarà debitamente compilato.
Poi nella vita da concorso ci sono cavalli DPA che fanno gare? Che dire, la Fise è chiara nelle sue regole, se non vengono applicate il problema esula dalla questione DPA/NON DPA…ma verte sull’etica e sulla professionalità.
Infine, riprendiamo anche le dichiarazioni rilasciate a Cavallo Magazine a giugno 2016 da Eleonora di Giuseppe, attuale consigliere Fise che anche senza “cariche” istituzionali è da sempre molto sensibile e audace per la tutela degli Equidi e dei cavalli sportivi.
“La FISE riconosce e associa due atleti: il cavaliere e il cavallo. L’atleta cavallo è parte fondamentale del binomio e allo stesso, in quanto atleta – oltre che essere senziente – gli vanno riconosciuti diritti e tutele anche nel rispetto dei principi formatori del CIO e del CONI e di concerto con quelli espressi dalla FEI. Questo è un principio fondamentale ribadito anche dalle istituzioni competenti – Ministero della Salute, CONI, Comitato Italiano Paralimpico, FISE- che si sono trovate riunite nell’iniziativa, anche editoriale, ‘Principi di tutela e gestione degli equidi’ presentata al CONI e avviata dal 6 marzo 2015 che ho curato e coordinato personalmente.
Il riconoscimento di diritti e tutele dell’atleta cavallo che svolge la sua attività sotto l’egida della FISE – ma più in generale anche del CONI e degli enti che operano sotto la sua egida – sono evidentemente incompatibili con la destinazione alla produzione di alimenti dei cavalli oltre che con le atroci sofferenze che questa scelta comporta per animali straordinari e sensibili come sono i cavalli.
Lo sport è innanzitutto rispetto dell’altro. Non è possibile formare correttamente giovani e adulti al rispetto dell’altro e del diverso – per età, colore, capacità motoria o psichica – se non si rispetta per primo l’altro componente del binomio, l’atleta – cavallo che con noi vince e si allena e condivide tutto il resto. La scelta di non destinare i cavalli alla produzione di alimenti è auspicabile in generale ma è evidentemente implicita in ogni ambito sportivo in cui il cavallo è l’atleta parte del binomio ed in ogni ambito terapeutico.
Risale al 2007 il sancire ufficialmente da parte della FISE questo principio cosa per la quale ho avviato un iter specifico ma che ritengo più che ovvia. Tale norma è stata rinnovata anche nel Regolamento FISE per la tutela del cavallo sportivo aggiornato a marzo 2015 che è parte anche della più ampia pubblicazione”