Bologna, 14 agosto 2019 – Eravamo già tutti presi con la ricerca di una sistemazione. Un B&B comodo, vicino ai campi gara, che costasse poco, con disponibilità per ospitare più persone. L’Irlanda pareva anche più accessibile di Stoccolma o di l’Aia… Poi all’improvviso la notizia: i Weg in Irlanda non ci saranno. Mancano le coperture economiche e a poco più di sei mesi dal primo cavallo in campo, salta tutto. E adesso? Adesso i Mondiali li facciamo noi… Noi Italia, noi Fise, noi gruppo Solitaire, noi giornalisti e collaboratori di Cavallo Magazine.
Più nostri di così… Però il challenge è di quelli tosti: recuperare in sei mesi la preparazione e l’organizzazione di 4 anni non è semplice. Anzi, probabilmente non ci sarebbe riuscito nessuno. Nessuno tranne noi. È così che l’Italia nel 1998 ha mandato in scena una delle più riuscite edizioni dei Weg. E il ‘miracolo italiano’ si è compiuto.
Con ruoli diversi, con impegni variegati, tutti si sono messi a disposizione e a tempo di record sono stati trovati sponsor, coperture, location… La prima volta che ho fatto un sopraluogo al Flaminio – devo dire la verità – mi sono preoccupata. Molto. Toccava al dressage (di cui mi occupavo) aprire le danze e il Flaminio era una struttura con tanto da sistemare, semi-abbandonata, nel cuore di una città in cui le opere sono sempre figlie di lungaggini burocratiche infinite… Eppure, nella giornata d’apertura della specialità in rettangolo lo stadio si era trasformato: tribune in ordine, allestimenti, cancelli, terreni… Tutto era perfetto.
I Weg del ’98 sono stati una fatica improba, una prova di determinazione e capacità, e la loro realizzazione, il loro successo sono stati eventi nella vita professionale di tutti quelli che vi hanno lavorato: dalle scuderie alle segreterie, dagli official agli spettatori.
Il momento più bello? Ce ne sono stati tanti… Come le serate di preparazione ‘alle piscine’ di largo de Bosis, quando a sera, uscendo, si costeggiava la vasca principale, deserta, con i mosaici colpiti dalla luce che rifrangeva sull’acqua in una pace surreale. Oppure la sera prima dell’apertura dei cancelli, con i magazzini del Flaminio animati da un formicaio umano che spostava poltrone, sedie, tavoli, cartelli… O l’allestimento delle scuderie, con l’assegnazione dei box su cui venivano fissati i nomi dei campioni che così orgogliosamente ci apprestavamo a ospitare… O scene come quando Enzo Truppa involontariamente aveva impennato il motorino o le security – ignare – avevano allontanato la principessa di Danimarca… Storie, aneddoti.
Che bello sarebbe poterne aggiungere altri.
Che bello sarebbe replicare un’edizione dei Weg in Italia…
di Liana Ayres