Bologna, 16 marzo 2021 – Mi ci ha fatto pensare Bruno Cotic, un appassionato di attacchi con cui ho avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere ieri.
Tutto è cominciato in modo accidentale, un errore di percorso che poteva anche essere preso come uno sgarbo da persona meno limpida di Cotic.
Ma via via che andavamo avanti nella conversazione siamo passati dall’inciampo a quanto abbia a che fare la correttezza con la parola data, e passare dalla parola data agli esempi più tradizionali di affidabilità è stato un attimo.
Così ci siamo trovati a ricordare insieme quelle figure che ormai non esistono più, quegli uomini che nei mercati del bestiame di tutta Italia passavano intensissime mezz’ore (e non sempre erano sufficienti) a contrattare il prezzo di un cavallo.
La scena era sempre quella: uno vendeva, l’altro comprava e il terzo stava tra i due, come garante e testimone.
Quando ero piccola andavo spesso al mercato bestiame di Modena per guardare i cavalli.
Le prime volte pensavo che quei signori litigassero: parlavano a voce alta (quando non urlavano), uno faceva la mossa di andare via e quell’altro lo fermava prendendolo per il braccio.
Poi continuavano a discutere con tutta l’energia, le braccia e le mani che avevano; la pressione alta che li faceva diventare rossi come tacchini.
Fino a quando magicamente raggiungevano un accordo.
Chi vendeva e chi comprava si dava la mano (dopo aver scupolosamente sputato nel palmo), il terzo con le sue prendeva quelle degli altri due e le sollevava appena poi le mandava in basso.
E l’affare era fatto, e magari avevano contrattato qualcosa che valeva come un podere ma tutto era a posto così.
Niente carte, niente marche da bollo: dopo l’animatissima contrattazione con quello stringersi le mani avevano dato la loro parola e l’avrebbero mantenuta.
Con Bruno Cotic abbiamo pensato a quanto sia bello potersi fidare di una parola, e poi anche di quanto sia bello contrattare qualcosa prima di comprarlo.
Mi ha raccontato Cotic di come gli piaccia quella schermaglia verbale prima di ogni acquisto, anche per cose da niente.
E mi ha fatto l’esempio di quella volta che è rimasto ore a contrattare un paio di guanti a Roma.
Due Euro di più o due Euro di meno, mica chissà cosa né quel particolare paio di guanti: ma era il gusto del confronto che teneva lì inchiodato Cotic, non certamente quei due Euro.
Allora a me è venuto in mente che forse quella contrattazione così accesa è bella perché comporta inevitabilmente il rapporto, intenso anche se breve, con un’altra persona.
E’ un modo per stare con l’altro, per riconoscergli ruolo e missione e anche forza e capacità: è ammettere che l’altro riesca a impegnarci, a riempire un po’ dei minuti che compongono la nostra giornata.
In pratica una buona occasione per tenere in allenamento eloquio e capacità di convinzione, un allenamento per testa e carattere.
“Perché la cosa brutta è quando la gente compra senza dare importanza al prezzo, in modo sprezzante” ha detto Bruno Cotic, e mi sono accorta che è proprio vero.
Che bello quando davanti a un cavallo c’erano quelle scene, che bello quando riconosciamo negli altri avversari degni della nostra energia.
Pensierini così, semplici semplici, che saltano fuori parlando di guanti con un appassionato di attacchi e di cavalli.