Bologna, 29 agosto 2021 – Lo spunto ce lo ha dato durante una chiacchierata telefonica Antonio Giarola, che questo mondo lo conosce bene.
“Il Circo mette in scena quello che il pubblico vuole vedere”, ci diceva Giarola, mentre parlavamo dell’utilizzo di cavalli o animali più o meno esotici negli spettacoli circensi.
Perché al di là di ogni valutazione e polemica, il circo è un luogo di spettacolo pubblico dove il pubblico entra volontariamente pagando un biglietto: quindi i circensi per primi hanno tutto l’interesse ad assecondare i gusti prevalenti delle persone.
Che adesso, vivaddio, sono indirizzati per la maggior parte verso un modo rispettoso di vedere il mondo animale.
In questa visione è inclusa anche la non simpatia generalizzata per la cattività di leoni, tigri, elefanti e via dicendo.
Ma l’osservazione da cui siamo partiti, cioè il fatto che il circo ci faccia vedere quello che siamo disposti a pagare per vedere, ci mette di fronte ad una deduzione scomoda: in realtà siamo noi, il pubblico, ad aver messo in gabbia i leoni.
Sono stati i nostri applausi, le nostre risate a mettere addosso agli scimpanzé la giacchetta coi lustrini e il cappellino di sghimbescio.
Per noi però è così facile smettere di applaudire, e rimanere casa mettendo like sui social sotto a post bellicosi di ogni genere: mentre lo scimpanzé, il leone e gli altri animali rimangono con la gente del circo, e hanno fame.
La gente del circo ci è nata e cresciuta in mezzo a quegli animali, formando un rapporto che non si esaurisce nello spazio di uno spettacolo.
E anche se nessuno li applaude loro quegli animali li hanno in casa, in famiglia.
Il processo di cambiamento per questo è lento: se non fosse qualcosa di più della necessità lavorativa a tenere legati artisti e animali, i serragli dei circhi si vuoterebbero in fretta.
Quindi la criminalizzazione dei circensi che utilizzano animali nei loro spettacoli è, per chi scrive, una ipocrisia bella e buona.
Perché il circo non è altro che lo specchio di noi stessi, e riflette in modo implacabile la nostra faccia vera, quella che ride e che ha paura e che sgrana gli occhi dalla sorpresa.
Il circo ci ricorda come siamo stati in passato, perché è legato a esseri viventi dalla lunga vita: e forse è questo che non ci piace vedere, quando lo guardiamo negli occhi.
Ma proprio per lo stesso motivo è in eterno cambiamento e insegue i nostri applausi: come quelli che ogni volta ci strappano dalle mani artisti del calibro di Mycol Errani, per fare solo un esempio.
Poi se volete potremmo fare una equazione tra applausi e circo, like e hot topic social: ma qui noi parliamo di cavalli, mica di filosofia.