Perugia, 10 gennaio 2022 – La prima reazione è stata quella istintiva, dopo aver letto la notizia dei petardi lanciati cercando di spaventare Luigi, il cavallo di Marika Iavarone.
“Due sberle a quei teppisti” è quello che tutti abbiamo pensato servisse a quei ragazzini, compresa chi scrive queste righe.
Poi succede qualcosa che ti fa pensare e ci ragioni un po’ sopra: in questo caso, il sassolino che ha fatto partire una valanga di pensieri è stato un messaggio da una utente che, sul momento, mi aveva infastidito parecchio.
Più o meno il messaggio recitava così (è stato cancellato da chi l’ha scritto, quindi vado a memoria): “Ah chissà quante botte sono state date a Luigi per convincerlo a stare fermo quando ci sono i rumori”.
Risposta immediata: “Si vede che lei non conosce i cavalli, signora”, perché lo sappiamo tutti che con le botte non si insegna nulla ai cavalli, se non ad avere paura.
Lo sappiamo tutti, tutti: siamo tutti molto orgogliosi di trattare con dolcezza i nostri cavalli, convincerli con la gentilezza a superare ostacoli e affrontare cose per loro paurose.
E funziona, lo sappiamo bene.
Quindi perché pensiamo che la violenza possa servire contro questi ragazzini che lanciano petardi?
Perché ci hanno fatto rabbia, e allora non abbiamo ragionato: esattamente come capita a quelli che, quando il cavallo gli rifiuta un ostacolo, lo prendono a nerbate per la frustrazione.
Perché sei arrabbiato, non sai cosa fare, come rimediare, e vuoi solo esprimere la tua rabbia: in modo del tutto inutile e addirittura controproducente.
Altra cosa che mi ha fatto pensare: la fotografia di una ragazzina che accarezza il cavallo di una botticella a Roma.
Sempre sotto Natale, anche questo cavallo come Luigi era tutto addobbato a festa: ma lì la ragazzina accarezzava con dolcezza il cavallo, lei non lo butterebbe mai un petardo per spaventarlo.
Perché se sai quanto è dolce, quanto è gentile un cavallo, se lo hai accarezzato e fatto tuo anche solo per un momento e non sei un delinquente incallito non ci pensi nemmeno a spaventarlo.
Anzi, cerchi sempre di risvegliare in lui una risposta positiva: perché ogni cavallo diventa un po’ tuo, se ti accorgi che gli piace la tua compagnia.
E noi proteggiamo quello che amiamo, e amiamo quello che consociamo: certi istinti distruttivi e violenti sono sempre rivolti, se ci pensate bene, a qualcosa che non è nostro.
Che non pensiamo nemmeno possa diventarlo, anche se magari lo desideriamo moltissimo.
Quindi, tornando a Lucca: quei ragazzini che hanno lanciato i petardi sarebbe molto bello se potessero conoscere Luigi, e altri cavalli.
Quei ragazzini hanno molto, molto bisogno di prendersi cura di un cavallo, di capire la sua sensibilità e scoprire la loro.
Per quei ragazzini non ci vogliono sberle: ci vogliono cavalli.