Bologna, 2 novembre 2020 – Oggi, nel giorno del suo compleanno, ci ha salutato Gigi Proietti. Ogni Tg, ogni giornale, ogni programma ha dedicato al ‘Maestro’ un ricordo, un frammento – magari in bianco e nero – della sua lunga e monumentale carriera. Un collega, molto appassionato di ippica, mi ha detto che se solo avesse potuto, avrebbe voluto partecipare al suo funerale.
Perché per chi ha nel cuore il nobile animale, Proietti è tra coloro che meglio di chiunque altro mai nella storia del cinema, ha saputo fornire una fotografia ironica e veritiera del grande circo dell’ippica e delle scommesse. Degli ippodromi degli anni d’oro, quando le tribune erano piene e gli habitué si chiamavano il Corto, il Tonino, Er Pomata o Mandrake. Di quando le signore sfilavano a Capannelle, a Tor di Valle, al Vinovo, al Montebello o a San Siro come se fossero in passerella.
Un mondo molto mutato, scomparso addirittura, che anche a volerlo raccontare bene, non avrà mai più lo stesso odore di cuoio e scuderie, di sudore e prossimità umana.
Di quel mondo rimane però indelebile – e non è affatto poco – la caratterizzazione di Mandrake in quello che alla sua uscita fu ‘letto’ come un film leggero, una commediola all’italiana. Quel Febbre da Cavallo che solo a distanza di tempo e grazie alla straordinaria bravura dei suoi interpreti (tutti…) e di un incredibile Gigi Proietti è diventato un cult per più di una generazione. Un film che forse più di qualsiasi altro ci ha parlato di uno spaccato del mondo dei cavalli vissuto in maniera condivisiva con il pubblico da un interprete capace di portarti fin dentro al cuore dei sui personaggi. Un grande. Grazie Maestro