Bologna 6 gennaio 2021 – In giornate di feste ricche di simbologie, mi è capitato di pensare a un’immagine per antonomasia cara a chi ama i cavalli.
Mi è venuto in mente l’unicorno.
Nel lungo corso della storia, di questo animale è stato scritto e detto di tutto. Che è mitologico, che è esistito davvero, che avrebbe avuto poteri magici… Perfino che il suo corno è ‘l’imbuto’ tra il divino e il terreno.
È stato dipinto, scolpito, assunto come portafortuna, usato nell’araldica, come pupazzo per bambini…
Insomma, ha fatto per noi un sacco di ‘lavori’ e, in molti casi, ci ha portato nel cuore di bambini la passione per quelli che poi sarebbero stati i nostri cavalli di adulti.
Seguendo questa linea di pensiero, mi è venuta in mente un’azzardata teoria.
E se l’unicorno, nella sua accezione più ampia, fosse ‘finito’ un po’ in ciascuno dei nostri cavalli?
Mi spiego. Ciascuno di noi, anche i più consumati uomini e donne di cavalli, ha il proprio cavallo della vita.
Anche se poi ne abbiamo avuti altri, magari tanti, ce n’è uno che per oscure ragioni ci è rimasto più vicino. E non necessariamente il più bravo, quello più disciplinato o che saltava meglio. Non necessariamente il più bello o il più vincente. Un cavallo che spesso abbiamo definito, credendoci davvero, ‘unico’. Del quale abbiamo magari usato, dopo tanti anni, il nome come password.
Ebbene, anche l’unicorno è un animale speciale, unico, raro: ce lo dicono storia e leggende. La sua magia sta nel portare gioia alle persone facendole sognare e rimanendo loro accanto.
Nel prefisso latino uni- di cui si compone unicornus c’è la possibile soluzione. Uni- indica unicità, unico come il nostro cavallo del cuore. O forse, a questo punto, sarebbe meglio chiamarlo il nostro unicavallo.
Che ci fa sognare e che ci porta gioia.