Perugia, 13 luglio 2024 – A scartabellare i notiziari delle Corti d’Appello dei Tribunali, sezione civile in questo caso, si trovano cose interessanti.
Ad esempio una sentenza depositata a Perugia nell’aprile scorso, riguardante un ‘addestratore’ che aizza un cavallo problematico, che poi lo morde. la richiesta di danni dell’uomo è stat significativament eridotta, a causa del suo comportamento aggressivo e violento nei confronti dell’animale.
Riportiamo per intero dal Notiziario Civile-Lavoro di Perugia di Giugno 2024: Danno Cagionto da Animali.
In tema di responsabilità ex art. 2052 c.c., la prova liberatoria del caso fortuito, il cui onere grava sul proprietario/utilizzatore dell’animale, può essere integrata dal comportamento colposo del danneggiato, purché presenti i caratteri dell’imprevedibilità, inevitabilità ed assoluta eccezionalità.
Pertanto, il soggetto che riceva un morso dal cavallo per aver interagito con esso in modo aggressivo e violento, violando il dovere generale di ragionevole cautela, non pone in essere una condotta imprevedibile, inevitabile, eccezionale, se il proprietario era a conoscenza del carattere mordace dell’animale, tanto che lui stesso era già stato morso dal cavallo in passato.
Quest’ultimo, infatti, ben poteva prevedere che il cavallo avrebbe manifestato tale carattere anche rispetto ad un estraneo, e, al fine di evitare incidenti, non avrebbe dovuto consentire al terzo di entrare nel recinto per testare il carattere dell’animale.
Ne deriva che la condotta imprudente del danneggiato, in tal caso, può essere valutata esclusivamente ai fini dell’attribuzione di un concorso di colpa (nella fattispecie, la Corte ha determinato il concorso di colpa nella misura del 40%, dal momento che il danneggiato non solo era stato avvertito dell’indole violenta dell’animale, ma, nel corso della manipolazione, aveva già ricevuto un piccolo morso di avvertimento sulla giacca, e ciononostante aveva continuato a rivolgersi ad esso in maniera minacciosa e violenta, fino al punto di aizzarlo contro di sé).
Un punto fermo e chiaro, a prova che anche in tribunale la biologia comportamentale sta cominciando ad essere valutata per come merita.