Tutto nasce dall’aggiunta del suffisso Al Shira’aa… O almeno questa vuole essere la scintilla che ha fatto letteralmente saltare un importantissimo accordo di sponsorizzazione tra l’estremo nord dell’Europa e gli Emirati Arabi Uniti.
Si tratta del Falsterbo Horse Show che in virtù di una sponsorizzazione milionaria che fa riferimento a Sheikha Fatima bin Hazza bin Zayed Al Nahyan avrebbe dovuto diventare quest’anno l’Al Shira’aa Falsterbo Horse Show.
Questo fatto apparentemente innocuo ha suscitato un vespaio in cui sport, politica, economia e chissà cosa altro hanno fatto da volano a una violentissima querelle.
Il dato politico
La stampa svedese si è concentrata su dei temi molto precisi: il mondo delle sponsorizzazioni sportive come snodo non propriamente cristallino di affari milionari nelle più diverse divise e la coerenza politica.
Riassumendo il concetto sostenuto dalla stampa mainstream svedese, come può un paese il cui il Ministro degli esteri (Maria Malmer Stenergard, ndr) riguardo agli Emirati dice – toccando uno per uno temi come mancanza di espressione e libertà di riunione, abusi sui diritti dei lavoratori migranti, restrizioni sul diritto delle donne alla libertà dalla violenza fisica, mentale e sessuale – che “Ci sono grandi carenze in termini di democrazia, diritti umani e stato di diritto” accettare poi denaro da quegli stessi paesi?
Sempre i media svedesi hanno poi sparato ad alzo zero sul tema della trasparenza nel passaggio di denaro che verrebbe ‘riabilitato’ attraverso lo sport…
E non è passato in osservato il fatto che lo zio di Sheikha Fatima bin Hazza bin Zayed Al Nahyan sia lo stesso membro della famiglia reale saudita che ha comprato il Manchester City e ne avrebbe fatto ‘la vetrina buona’ per diverse compagnie di Abu Dhabi, uno dei sette emirati nel paese.
Per equidistanza di opinione, viene però anche da chiedersi che cosa ci sia dietro l’interessamento dei ‘giornaloni’ svedesi per questa vicenda tra lo sport e l’economia.
Al Shira’aa è già da tempo legata ad alcuni degli eventi internazionali più blasonati, come Amburgo e il Derby di Hickstead e non è lecito pensare che tanto in Germania quanto in Gran Bretagna non esista un’informazione con la schiena dritta. Che non abbia cioè trovato opportuno denunciare, come invece è accaduto in Svezia, una collaborazione valutata poco sostenibile.
La risposta ferma di Sheikha Fatima bin Hazza bin Zayed Al Nahyan
In risposta alla polemica che si è scatenata in Svezia e ha fatto saltare un contratto di sponsorizzazione che avrebbe coperto Falsterno per sei anni a partire dal 2025, Sheikha Fatima bin Hazza bin Zayed Al Nahyan ha ritirato la Al Shira’aa dall’accordo e pubblicato, sul sito stesso del Falsterbo Horse Show una lunga lettera. Che sicuramente lascia l’amaro in bocca, non derime molte questioni e ne stigmatizza invece altre.

Dichiarazione ufficiale della scuderia Al Shira’aa – S.A. Sheikha Fatima bint Hazza bin Zayed Al Nahyan
“A seguito del ritiro formale dalla nostra sponsorizzazione del Falsterbo Horse Show, d’accordo con la Falsterbo Horse Show Foundation, parlo ora con chiarezza, dignità e responsabilità — perché il silenzio è diventato impossibile.
Abbiamo intrapreso questa partnership non per profitto, ma per una profonda convinzione che lo sport equestre dovrebbe servire il pubblico — non il profitto privato.
Come donna, sento che la mia natura stessa mi porta a essere una donatrice. La missione della mia vita è stata riportare l’equitazione professionale vicino alla gente. Questo è ‘la missiono’ di Al Shira’aa, ed è per questo che abbiamo scelto Falsterbo: per la sua storia, la sua identità, la sua anima — e il suo paese. Un paese che non avrei mai immaginato potesse essere ritratto come il completo opposto di ciò per cui afferma di lottare.
Non penso né credo che tutti in Svezia siano così — non sto generalizzando né suggerendolo. Ma i media mi hanno scioccato per l’immagine disumana, crudele, razzista e a volte violenta di Al Shira’aa e di me stessa. Cavalcare le cattive notizie fa vendere i giornali — e questo tipo di narrazione è stata incessantemente promossa, non sfidata responsabilmente.
Ciò a cui ci siamo trovati di fronte ha rivelato una realtà molto triste — non la Svezia che pensavo di conoscere, né quella presentata dai media globali.
Credevo che questa nazione sarebbe stata orgogliosa di essere supportata da qualcuno di fuori, qualcuno che rispetta profondamente culture, patrimonio e storia straniere. Invece, è emersa una faccia oscura — segnata da crescente ostilità, nazionalismo e odio.
Da quando è stata annunciato il nostro interessamento, abbiamo affrontato non solo attacchi aggressivi da parte dei media, diffamazione e abusi — ma anche minacce violente.
Non solo contro il mio team, che tengo profondamente a cuore — ma contro di me personalmente. Ancora più straziante, la famiglia dietro il Falsterbo Horse Show — che ha dedicato la propria vita a questa tradizione — ha ricevuto anch’essa minacce e odio. Nessuno dovrebbe essere soggetto alla paura semplicemente perché ama e protegge un pezzo della propria cultura.
Come imprenditrice di successo – parlo nelle vesti di chi è intervenuto per aiutare a preservare qualcosa da cui altri si erano allontanati, comprese le aziende svedesi — chiedo apertamente: Perché sono sotto attacco? È perché sono una donna di successo, o perché sono musulmana, o perché sono araba?
Avevo una fede cieca nel dolce sogno della Svezia. Conosco il valore di preservare la tradizione, la cultura e l’amore per i cavalli e il loro benessere. So che non tutti gli svedesi sono come quelli i media stanno esaltando.
Continuo a credere fermamente nella libertà di stampa e di espressione — come mio nonno espresse una volta in video ancora disponibili online — e tuttavia devo chiedere: È questo ciò che merito per aver offerto supporto al più antico concorso della vostra nazione laddove molte aziende e attività svedesi o più vicine al vostro paese non hanno neppure offerto il loro aiuto?
Credo nella libertà di espressione — ma non credo nell’usarla come strumento d’odio, violenza, razzismo o per tentare di gettare ombre sul mio brand, Al Shira’aa. Mi ritengo una persona molto fortunata — ho un team straordinario che è come una famiglia per me, tutti provenienti da culture diverse, che lavorano insieme, mantenendo unite le nostre famiglie allargate.
È questo ciò che chiamate libertà di espressione — insultare qualcuno che è venuto qui con profondo rispetto per la vostra amata Svezia?
Credo nella sicurezza, credo nel rispetto e credo nei vostri diritti.
Ma insultare apertamente me e il mio brand — un brand che ho costruito con anni di duro lavoro — non è libertà, è danno. I vostri insulti, il vostro odio e le vostre falsità si sono già avvicinati pericolosamente a danneggiare la mia reputazione e non permetterò mai che ciò accada.
Le parole possono non contare — ma le azioni sì.
Lo dico a chiare lettere. È stata una delle esperienze più dolorose e scioccanti della mia vita pubblica.
Lasciatemi essere chiara ancora una volta: non sono venuta in Svezia per richiamare l’attenzione. Certamente non per Al Shira’aa. Sono orgogliosa di dire che il mio lavoro parla da solo. Il mio brand è conosciuto a livello globale e non abbiamo mai cercato titoli.
Sono venuta con rispetto — per proteggere il patrimonio, onorare la cultura del vostro paese e restituire qualcosa ai cavalli che amo. L’ho fatto per mantenere questo concorso libero dalle forze che trasformano lo sport equestre in un affare avaro — qualcosa che sono sicura molti hanno visto insinuarsi nel mondo dei cavalli.
La mia missione — sempre — è stata quella di riportare questo sport vicino alla gente. E l’ho fatto silenziosamente, in tutto il mondo, per oltre un decennio — attraverso concorsi come l’Hickstead Derby ed il Royal Windsor Horse Show Dressage, e molti altri. Mai per i titoli. Sempre per i cavalli, una parte della storia e l’umanità.
Per più di dieci anni, Al Shira’aa ha supportato i più tradizionali e rispettati concorsi nel Regno Unito e in Italia. Abbiamo poi esteso il nostro impegno al famoso Hamburg Derby in Germania. E quando mi sono rivolta alla Svezia, è stato per la stessa profonda stima — per la storia e la cultura che speravo di aiutare a preservare.
Posso chiedere perché siete arrabbiati con me? È a causa della mancanza di supporto locale all’interno del vostro stesso paese? Ci sono molti modi per esprimere un punto di vista. Ma la violenza, l’intimidazione e il razzismo non sono la risposta.
La nostra missione era quella di aiutare a proteggere questi eventi storici dall’incursione commerciale e restituire lo sport a chi realmente dovrebbe appartenere — i fan, le famiglie, gli allevatori di cavalli e la cultura che l’ha costruito. Ciò che è successo qui non è stato un fallimento. È stata una reiezione. Non per motivi di affari — ma per chi sono.
Le voci razziste — amplificate dal silenzio — hanno reso chiaro che non eravamo i benvenuti. E ancor peggio, nessuno all’interno della leadership equestre svedese si è alzato per difendere ciò che era giusto. Quel silenzio parla più di qualsiasi parola.
Ora lasciamo Falsterbo con dignità e occhi aperti. Abbiamo supportato questo show quando nessun altro lo ha fatto. Gli abbiamo portato attenzione internazionale e rispetto.
Ce ne andiamo — non perché abbiamo perso, ma perché ci siamo rifiutati di rimanere in silenzio e compromettere ciò in cui crediamo. Al Shira’aa continuerà a supportare lo sport equestre ovunque venga rispettato e accolto. E coloro che hanno fatto prevalere l’odio sulla tradizione dovranno risponderne un giorno. Non a me, ma allo sport. Alla gente e alla tradizione che non sono riusciti a proteggere. Detto ciò, non desidero altro che pace, riflessione e rinnovamento per la Svezia — un paese con tanta bellezza, cultura e talento. Spero che un giorno le voci più forti non siano più quelle dell’odio. Desidero veramente felicità, guarigione e comprensione per il popolo svedese — e anche per i media.
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