Bologna, 20 settembre 2024 – Un incubo che si ripete.
Dopo la tragica alluvione di maggio 2023, il torrente Zena è tornato a devastare il centro ippico Botteghino di Zocca di proprietà della famiglia Baldazzi, situato nella provincia di Bologna. La furia dell’acqua ha colpito nuovamente e duramente il maneggio, costringendo Elisa Baldazzi, amazzone molto conosciuta nell’ambiente e suo padre Ettore, a evacuare tutti i cavalli. Grazie alla solidarietà di amici e conoscenti della regione, i cavalli sono stati tutti trasferiti prontamente al sicuro in strutture vicine, ma la devastazione è palpabile. L’intero centro ippico è stato sommerso da fango e detriti, lasciando le strutture danneggiate e molti dei materiali distrutti.
Per Elisa ed Ettore, l’ennesimo disastro ha portato con sé un senso di sconforto e fatica. “Siamo distrutti ed esausti- ha dichiarato Elisa, con la voce segnata dalla stanchezza e dalla frustrazione-. Non possiamo continuare a vivere così, ogni volta è una lotta contro il tempo e contro un nemico invisibile. Ci servono risposte e, soprattutto, azioni concrete per evitare che queste tragedie si ripetano”. Il padre, Ettore Baldazzi, condivide lo stesso stato d’animo.
“Le foto di oggi e quelle del maggio 2023 sono identiche. Noi gestiamo la scuderia da diverso tempo ma lo frequento dal 1990: non è mai successa una roba del genere. Abbiamo messo anima e corpo in questo centro ippico e vederlo distrutto per la seconda volta in pochi mesi è insopportabile”. Stavolta, i danni sono ingenti: una prima stima parla di oltre 100.000 euro secondo Baldazzi che al momento ha scelto di chiudere il centro.
Chi è il responsabile di questi continui disagi?
Questa è la domanda che si pone non solo la famiglia, ma anche tutti coloro che vivono nella zona. Il territorio sembra essere sempre più vulnerabile alle ondate improvvise di piena del torrente Zena, e le misure di prevenzione adottate finora si sono dimostrate insufficienti. Le istituzioni locali sono chiamate a prendere provvedimenti seri e definitivi, perché il rischio è che, oltre alle vite degli animali e alle attività economiche, anche il morale di chi da anni vive e lavora in queste zone venga definitivamente compromesso.