Kabul, 22 dicembre 2023 – Ci sono libri che ti rimangono dentro per sempre.
Come ‘Cavalieri selvaggi‘ di Joseph Kessel, che nella mitica edizione Bur del 1981 abbiamo letteralmente imparato a memoria. Che come funzionano bene i neuroni nell’adolescenza è una meraviglia, a pensarci adesso.
Jehol, il magnifico stallone da Buzkashi che Uroz porta con sè verso l’inferno e ritorno, il vecchio padre Tursen, duro come la pietra. Ma che asseconderà per la prima volta il figlio spostandosi da un cuscino al momento giusto.
E il candido Mokki che verrà sporcato dal dolore del suo padrone, e la sottile e libera Zareh.
Una storia ruvida disegnata nell’Afghanistan degli anni ’50, che dopo una timida parabola di modernità sembra tornato oggi ancora più indietro rispetto a quelle pagine che già sembravano prese da un Medio Evo contemporaneo e lontanissimo.
Eppure qualcosa, forse, può cambiare anche in Afghanistan.
Un paese dove l’emirato islamico dei talebani, governanti di fatto il paese, ha condannato 29 milioni di persone a una crisi umanitaria terribile.
E’ il più povero di tutta l’Asia, e il terremoto dell’ottobre scorso ha provocato così tanti morti e feriti che gli stessi talebani si sono decisi a chiedere aiuto al mondo.
Ma nonostante tutto l’antico gioco del Buzkashi, dove Jehol e Uroz si giocavano la vita, è ancora amatissimo e sempre praticato.
E nei giorni scorsi due squadre si sono affrontate per prepararsi al grande incontro previsto per il gennaio 2024.
Di questi incontri abbiamo trovato nelle agenzie una serie di scatti che ci hanno riportato immediatamente alle atmosfere create da Kessel.
Ma con una differenza, una sola ma fondamentale.
La carcassa di pecora che si contendono abitualmente i cavalieri del Buzkashi è stata sostituita da un fantoccio di tela di sacco e lana, con quatro spesse e robuste corde a simulare le zampe dell’animale.
Può sembrare poco, ma non lo è: perché da quelle parti è molto, molto più pratico, economico e semplice prendere una pecora e tagliarle la gola piuttosto che stare a conezionarne un simulacro.
Noi l’abbiamo preso per un cambiamento: piccolo, piccolissimo.
Ma forse nemmeno tanto, a ben guardare.