Palermo, 1 febbraio 2024 – Ci sono cose che mettono tutti d’accordo, uniscono.
Come la riconoscenza per il dono di creature insostituibili come i cavalli, gli asini e i muli: lo pensiamo tutti, se li conosciamo almeno un po’.
Lo pensiamo noi e lo pensano da sempre anche i musulmani. Perché il Profeto Maometto aveva capito perfettamente quanto fossero indispensabili al successo del suo popolo e ognuno di noi conosce qualche frase e proverbio arabo sui cavalli.
Ma è affascinante trovare la conferma di questi sentimenti comuni anche in un frammento come quello ritrovato dalla Diocesi di Trapani nel proprio archivio.
Più precisamente in una copia del Corano del periodo arabo in Sicilia databile tra IX e X secolo. Fa da copertina a un registro di annotazioni matrimoniali della prima meta’ del XVI secolo, proveniente dal territorio di Calatafimi, nel Trapanese.
“Il vostro Signore e’ buono e compassionevole, vi ha dato cavalli, muli e asini perche’ li possiate cavalcare e perche’ siano un ornamento. Egli crea cio’ che non sapete. Sta a Dio farvi raggiungere il sentiero – ma c’e’ chi se ne allontana – e se Egli avesse voluto vi avrebbe guidati tutti insieme. Egli e’ Colui che fa discendere per voi dell’acqua dal cielo perche’ in parte vi disseti e in parte dia pascoli per i vostri armenti. E fa crescere per voi il frumento, l’ulivo, le palme e le viti e ogni genere di frutti, c’e’ un segno in questo per gente che medita”.
E’ la descrizione dei segni della benevolenza di Allah, indicati nei versetti dall’8 all’11 della Sura delle Api e rappresenta “una scoperta inattesa e straordinaria”.
Ha detto Giuseppe Mandalà, ordinario di Storia dei Paesi islamici all’Università Statale di Milano: “…il foglio contiene alcuni versetti della sura delle Api (Corano XVI: 8-11). Si tratta di una delle più antiche testimonianze manoscritte del libro sacro dell’Islam presenti in Sicilia, invero alquanto rare, che si aggiunge al ‘Corano di Palermo’, un manoscritto datato al 372 della Ègira (982-983 dopo Cristo). Sicuramente è di origine siciliana, oggi, in gran parte, conservato a Istanbul”.
Per Monsignor Liborio Palmeri, direttore dell’Archivio diocesano è “Una testimonianza di straordinario valore storico che arricchisce il patrimonio culturale della Diocesi di Trapani e della città . Anche in questa affascinante vicenda paleografica il nostro Archivio diocesano mostra la sua competenza che travalica il confine del lavoro ordinario. L’auspicio è naturalmente che un giorno questo importante reperto possa essere offerto alla fruizione di un pubblico più vasto, messo in sicurezza, in un’esposizione museale”.
Tanti cari amici siciliani troveranno ulteriore conferma della profondità delle radici che nutrono il loro amore per questo dono: cavalli, asini e muli.
Vero Giuseppe Majorana?
Fonte: Avvenire