Bologna, 9 settembre 2020 – Lo sappiamo cosa vi verrà in mente guardando questa foto.
Penserete che ah, povero cavallo senza nome, lo stanno acchiappando in bocca.
E probabilmente ha anche le balze, a ben guardare.
Penserete che come al solito il mito dello stallone scalpitante e in impennata ha legioni di fans.
Noi invece guardiamo questa foto e pensiamo alla ragazza che sta montando quel cavallo senza nome.
Una ragazza afghana per la precisione, visto che la fotografia è stata scattata in Pakistan ma nella nota di agenzia è precisato che la nazionalità dell’amazzone è, per l’appunto, afghana.
Non sappiamo il nome di questa amazzone, ma sappiamo che adesso un nome lei lo avrà.
E lo potrà avere scritto sui suoi documenti, e così con un nome potrà finalmente chiedere di agire in via ufficiale per i suoi figli, per i suoi cari e per se stessa.
Perché dal 1996 sino a pochi giorni fa le donne afghane non avevano più una identità personale, erano solo “figlie di”, “mogli di”, “madri di “.
Trasparenti da un punto di vista civile, senza i diritti più elementari di una persona.
“Il cambiamento al sistema di identificazione riguarda il ripristino del diritto più fondamentale e naturale delle donne, un diritto che viene loro negato. Stampando il suo nome, diamo alla madre il potere, e la legge le conferisce determinate autorità per essere una madre che può, senza la presenza di un uomo, ottenere documenti per i suoi figli, iscrivere i suoi figli a scuola, viaggiare”.
Lo ha detto Laleh Osmany, tra le capofila del movimento #whereismyname?
Rimandiamo a questo bellissimo articolo di Giulia Chiapperini da l’Ultima Voce per farvi capire tutta la profondità dell’abisso sociale dal quale le coraggiosissime donne afghane si stanno tirando fuori.
Con le loro sole forze, mettendoci la faccia, rischiando in prima persona.
Vere guerriere, vere amazzoni: e se in questa foto c’è qualche piccola pecca formale per una volta, ne siamo sicuri, passerà in secondo piano.
L’hashtag #whereismyname? raccoglie le storie di tante di loro, e le adesioni di chi vuole manifestare la propria vicinanza alla loro sacrosanta rivendicazione.
Anche la nostra.
“Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato, per tutto questo: in piedi, signori, davanti ad una Donna!”, William Shakespeare