Qualche giorno fa avevamo dato notizia della segnalazione da parte Guardia Agroforestale italiana ODV ETS del distaccamento L’Aquila di un recinto a Roio, vicino a L’Aquila, in cui vivevano (e morivano…) cavalli detenuti in una maniera inconcepibile.
Uno dei tanti, troppi, casi di maltrattamento sospesi tra inconsapevolezza, superficialità, ignoranza… Dove a pagare sono sempre e comunque gli animali.
Appena la notizia è emersa, all’inizio di aprile, ci sono state associazioni che si sono esposte per fare denunce ai giornali e far accendere i riflettori su questa bruttura dell’uomo e la cosa ha sicuramente funzionato.
Peccato che, solo a distanza di giorni siamo ora arrivati a una vera denuncia formale. Da parte di LNDC Animal Protection.
È di un paio di giorni fa la notizia che, su richiesta dei Carabinieri Forestali, sono stati predisposti anche gli accertamenti post-mortem sul cavallo trovato esanime nel fango.
Tante voci, forse troppe
Viviamo in un paese in cui il garantismo fa parte del nostro bagaglio culturale, quindi per il momento su ogni aspetto della vicenda vige il più rispettoso condizionale…
Intervistato, il titolare del recinto degli orrori ha dichiarato – in sintesi – che se i cavalli vivono chiusi è a causa di una legge che impedisce il libero pascolo fino a giugno. E che quindi è normale che ci sia il fango in uno spazio circoscritto dove gli animali insistono giorno e notte per tanto tempo. Anzi, pare che portandoli lì l’uomo li abbia perfino salvati.
La Asl competente, attraverso dichiarazioni dei propri dirigenti (sempre alla stampa), si è in qualche misura sentita denigrata, nel lavoro dei propri professionisti, dal clamore e dalle accuse delle associazioni e dei media.
Le associazioni, diverse e diversa natura, hanno specificato che il ‘caso’ era già stato ripetutamente segnalato senza aver raccolto alcun riscontro. Questo in particolare, come tanti altri.
Le forze dell’ordine spiegano che loro sono esecutori delle decisioni del magistrato… E non possono intervenire se non dietro a denunce circostanziate e firmate o dietro a disposizioni delle autorità giudiziarie…
Uomo-cavallo: un patto tradito?
A guardare le immagini di quel recinto – che da un lato protegge ma che dall’altro impedisce di provare a sopravvivere altrove – diventa molto complicato ascoltare le lecite spiegazioni di ciascuno. Ognuno ha colpa e ragione allo stesso tempo. O forse no. Forse solo colpa… Visto che i cavalli non possono scegliere e devono dipendere da chi li ha in custodia per la loro dignitosa sopravvivenza. E soprattutto visto che a perdere la vita sono solo loro.
A furia di cercare di capire e interpretare le sfumature, rischiamo di perdere di vista l’importanza del disegno. Che in questo caso è il benessere e la cura dei cavalli.
Non tutti sono ‘damerini’ da maneggio. Molti intendono il cavallo come animale da campagna. In questo caso non siamo di fronte alla imperitura querelle tra animalari e animalisti. Qui è una questione dell’etica che lega l’uomo all’animale che gli ha permesso di evolversi fino a oggi. L’etica che prevede che anche in assenza di sdolcinature e coccole, all’animale si debba la condizione necessaria per una vita accettabile.
Dalle immagini, quel recinto a Roio non la proponeva.