Bologna, 29 settembre 2020 – Il dramma della macellazione equina è un tema di quelli che muove corde profonde e, anche se sembra impossibile, riesce perfino a dividere. Anche nel 2020, quando cioè ci è stato spiegato ampiamente e da tempo che c’è molto più ferro in una lenticchia che in uno sfilaccio. Oppure che la filiera della carne equina spesso passa per canali meno cristallini.
Tanto è che il consumo di carne equina in Italia è ancora molto diffuso, soprattutto al sud e in Veneto, ovvero regioni in cui – storicamente – si è goduto di meno agio economico. Anche in tavola.
Tra chi glorifica il sapore della carne del ‘nobile commensale’, chi invoca pietà per ogni forma vivente (…perché anche il vitello ha una mamma…) e chi non coglie neppure la frutta e attende che caschi dall’albero, i casi di salvataggio dell’animale che più di chiunque altro ha accompagnato e guidato la storia della razza umana riescono ancora a fare breccia tra le tante notizie di cronaca.
È di oggi, per esempio, la storia di Sisco, pony di soli 5 anni strappato al triste destino della macellazione. Un caso come tanti, troppi.
A Sisco è andata bene: una signora l’ha visto, è partito l’immancabile appello via social e grazie a una colletta, si è messo insieme quanto serviva a riscattare l’animale. Che ora verrà accolto in Toscana e avrà una nuova chance.
Tre considerazioni: è bello che ci sia stata mobilitazione e che la sensibilità di molti abbia condotto a una azione collettiva che ha salvato un cavallo; è bello che tutto ciò possa essere d’esempio magari per altri interventi analoghi, nell’attesa che si volti pagina e ci si allinei a quanto recentemente stabilito in Grecia (perfino più a sud di noi…) dove non è più consentito macellare/mangiare cavalli.
E infine il terzo pensiero: rivolto a tutti quegli sventurati legati in fila accanto a Sisco che però hanno avuto meno fortuna.