Modena, 10 settembre 2024 – Italia Nostra rialza lo sguardo su Villa Pico di Portovecchio a San Martino Spino e ne denuncia lo «stato di abbandono che mette a rischio la sua stessa conservazione».
Il Comitato Salviamo Portovecchio aveva potuto ottenere dal FAI l’impegno di attivarsi, dopo che nel 2020 la comunità locale aveva deciso di partecipare al 10° Censimento dei Luoghi del Cuore FAI.
Il sito risultò primo classificato in provincia, quinto in regione e 139° a livello nazionale su oltre 38.000 siti in gara.
Ma, dopo su questa pregevole testimonianza è calato il silenzio anche se presso la struttura commissariale per la ricostruzione dei beni culturali pubblici del post terremoto, è presente una previsione di fondi ad hoc.
Villa Pico di Portovecchio, ed ex deposito Allevamento Cavalli, è una delle tante dimore storiche della famiglia Pico, divenuta successivamente parte del Ducato Estense, e dopo l’Unità d’Italia appartenuta all’Esercito per diventare il «V Deposito Allevamento Cavalli».
Ora appartiene al demanio culturale dello Stato, e «spetta – dice Italia Nostra – alla Agenzia del Demanio il compito (di obbligo conservativo di cui parla l’art.30 del codice dei beni culturali) di garantirne la sicurezza e la conservazione, che è compreso e finanziato nel programma beni culturali di recente aggiornato (giugno 2024) dal Commissario regionale delegato alla ricostruzione del dopo terremoto 2012, mentre è responsabilità del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Bologna l’attuazione dell’urgente intervento».
Dopo che il compendio era stato inserito nel piano delle alienazioni dal Ministero della Difesa, alcuni auspicavano una presa in carico del demanio.
Trattandosi, però, di immobili vincolati si parla di milioni e milioni di euro.
«Nel piano del Commissario regionale alla ricostruzione – conferma la sindaca di Mirandola Letizia Budri – sono individuati loro come Provveditorato, quale soggetto attuatore. Il problema è che l’utilizzo dei fondi è anche legato a un riutilizzo (almeno parziale), che sebbene impiegando quei 3,6 milioni previsti non è ipotizzabile…se non integrando in modo più che consistente il piano delle risorse».
Così il tempo passa e l’edificio, in attesa che si definisca un progetto di recupero e riuso della storica struttura, si ammalora sempre di più. Uno spiraglio di speranza c’è.
«La prossima settimana – fa sapere Budri – sarò a Bologna dal direttore Cocchi (della struttura commissariale post terremoto ndr) e tra le varie cose su cui dobbiamo fare il punto, avevo già in animo di chiedergli ragguagli (anche rispetto alla fine dello stato di emergenza e al futuro). Il Comune purtroppo non ha le risorse economiche e di organico per seguire altro che non siano gli interventi che ha già a piano».