Bologna, martedì 4 giugno 2024 – Domenica 2 giugno e lunedì 3 giugno 1946, domenica 2 giugno e lunedì 3 giugno 2024. Sono passati solo 78 anni da quando le donne hanno potuto votare per la prima volta in Italia.
Già dalle prime ore dell’alba, di quel weekend del 1946, milioni di persone attendono in fila davanti ai seggi elettorali di tutte le città italiane. Tra la devastazione della Seconda Guerra Mondiale, sotto gli occhi delle truppe americane che ancora pattugliavano l’Italia, 13 milioni di donne, contro i 12 milioni di uomini, hanno aspettato pazientemente il momento in cui è stata loro finalmente riconosciuta la dignità di espressione della propria opinione.
Oggi, 78 anni fa, iniziava lo spoglio di quelle schede elettorali che portarono poi il 6 giugno alla proclamazione della Repubblica Italiana, su tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali e internazionali.
Il “suffragio universale”, una vittoria questa che viene erroneamente attribuita solo alle donne. In verità non fu neanche una vittoria, ma forse sarebbe più corretto definirlo un atto di civiltà dovuto e arrivato decisamente troppo in ritardo, almeno in Italia. Di fronte a tutti coloro che hanno, per decenni, sminuito questa battaglia di civiltà definendo, spesso in modo dispregiativo, come “suffragette” tutte le donne che hanno combattuto per la propria dignità, non possiamo non ricordare che ci sono anche storie di donne e di cavalli.
Purtroppo, tra le tante storie di donne e di cavalli, fu una in particolare ad essere ancora oggi ricordata.
Era proprio il 4 giugno 1913, giorno in cui si correva il Derby di Epsom. Re Giorgio V era presente e guardava con grande attenzione il suo cavallo che partecipava alla corsa. Purtroppo, Anmer, il cavallo del Re, non arrivò mai al traguardo, ma la sua corsa finì in pista, travolgendo Emily Davison, attivista per il suffragio femminile.
Cavallo e fantino uscirono incolumi dall’incidente, Emily Davison riportò dei gravissimi traumi che la portarono alla morte dopo una lunga agonia durata ben 4 giorni. L’opinione pubblica dell’epoca rimase sconvolta, tutti urlarono al suicidio, ma recenti studi delle immagini dei video del fatto, hanno dimostrato che non si trattò di un suicidio. Per quanto possa sembrare oggi assurda, l’intenzione di Emily era quella di fermare il cavallo in corsa, senza fargli del male, attaccare alle redini una bandiera del movimento femminista, cosicché il cavallo potesse tagliare il traguardo con i colori della causa per cui combatteva.
Non fu un suicidio, ma un incidente dettato dalla disperazione della protesta di donne che non volevano più essere costrette al silenzio. La forza di donne che combattono per la propria indipendenza e diritto alla dignità di espressione.
Come abbiamo visto, l’inizio del secolo fu un periodo di grandi lotte femministe. Alcune volte il cambiamento non arriva sempre attraverso la rivolta. L’Italia ha avuto una grande amazzone che nei primi anni del 1900 ha contribuito al cambiamento del ruolo sociale della donna. Fanny Vialardi di Sandigliano, la grintosa amazzone che con forza destò grande scalpore: per la prima volta nel mondo degli Sport Equestri, e non solo, tutti i riflettori erano puntati su una donna. Ha debuttando prima a Pinerolo nel 1923 in un percorso di caccia con due netti, in sella a una purosangue inglese, successivamente vinse i nazionali a Novara nel 1924. Prima storica campionessa del Campionato del Mondo Amazzoni, svoltosi a Nizza nel 1925 (Concours Hippique International Militaire), Fanny si impose all’opinione pubblica internazionale, obbligando tutti i giornali a parlare di lei.
Oggi potrà sembrare quasi scontato che una donna possa montare a cavallo e possa partecipare a dei concorsi, ma ricordiamoci che all’epoca erano ben pochi i concorsi ippici a cui era permessa la partecipazione del gentil sesso.
L’equitazione, quindi, come espressione del cambiamento, testimonianza dell’indipendenza che la donna stava lentamente conquistando anche nello sport. Un cambiamento sociale sofferto che ha attraversato ogni contesto della nostra società.
Fanny è venuta a mancare nel 1987, e siamo certi che anche lei, in quel non troppo lontano 4 giugno 1946 attendeva con ansia di sapere i risultati delle prime elezioni a suffragio universale in Italia, senza mai dimenticarsi di tutte quelle donne e amazzoni che: “stringiamo queste schede elettorali come fossero biglietti d’amore”.