Bologna, 24 marzo 2023 – Sarà che qualche domanda dobbiamo pur farcela, usando le parole per lavoro.
E visto che ultimamente qualche dubbio è venuto anche a chi scrive per voi sulla parità di genere ci siamo documentati sul sito dell’Accademia della Crusca, che dal 1583 accompagna l’evoluzione della lingua italiana.
Che giusto il 9 marzo ultimo scorso ha pubblicato la sua risposta a un quesito sulla parità di genere negli atti giudiziari posto dal Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Perfetto, quindi, per chiarire le idee anche a noi.
Il testo completo lo trovate qui. Noi parecchio al galoppo ne abbiamo tratto qualche lemma tra i più adatti ai nostri casi che permettano il consigliato ‘…uso largo e senza esitazioni dei nomi di cariche e professioni volte al femminile’.
Per dire: oltre ad amazzone potremo usare cavaliera, un po’ alla francese.
Sempre pensando alle necessità di scuderia: in caso di necessità chiamiamo la medica veterinaria, in un reparto di cavalleria ci potranno essere saranno la marescialla, la capitana e la colonnella (che a dire il vero c’era già ma era un’altra cosa).
Invece di indirizzare i saluti ad amazzoni e cavalieri, magari di potrebbe usare il toscanissimo ‘cavalcanti’ che li abbraccia tutti.
Ma a parte la sorpresa fonetica che attanaglia probabilmente parecchi boomer, tutto è motivato dalla ‘…volontà di rompere qualunque eventuale asimmetria che distingua il riferimento ai due generi, maschile e femminile, intesa come discriminazione’.
Adesso però speriamo che non ci sia la rivolta delle guardie giurate, delle spie al servizio delle potenze straniere, delle sentinelle e delle guide turistiche.
Che essendo nomi di professione grammaticalmente femminili ma validi anche per il maschile sono rimasti tali.
E tutta la simmetria dove va a finire?
Vogliamo il sentinello di guardia in scuderia.
Va bene, abbiamo scherzato, ma il concetto importante è proprio quello di abituare le nostre teste a evitare le asimmetrie discriminanti. E chissà che che a forza di evitarle, non arriviamo anche a far battere pari gli stipendi tra uomini e donne.
Ma come dice la stessa Accademia della Crusca: “I principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno dunque sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali”.
Che può portare, ahinoi, a derive come quella della “cultura della cancellazione”: ma questa è un’altra storia…