Bologna, 6 dicembre 2021 – Un impatto sul Pil di 3 miliardi di euro l’anno e 30 mila posti di lavoro creati. Questo il dato di sintesi dello studio su «Il Cavallo Vincente» e della conferenza tenutasi mercoledì scorso alla Luiss su «L’impatto degli sport equestri nel sistema economico italiano».
Lo studio è stato realizzato dall’Università Luiss in collaborazione con la Fise che ha messo in campo il proprio Centro Studi. E proprio questa è stata anche l’occasione per conoscere meglio questa struttura, il Centro Studi presieduto da Ettore Artioli, nata tre anni e mezzo fa su una intuizione del Presidente Marco Di Paola.
Dottor Artioli, si parla spesso dell’impatto dello sport sul Pil ma nessuno poi è in grado di quantificare: come è nato invece il vostro studio?
«Nasce dalla volontà di creare uno strumento che aiuti noi per primi a comprendere l’impatto del nostro sport sull’economia per poi presentarlo alle istituzioni, al Coni ed all’esterno. Questo chiaramente non per farcene gloria ma per condividere e comprendere quale possa essere il giusto ruolo della Fise come anche delle altre Federazioni sportive nel contesto nazionale. Se si riflettesse infatti, oltre che sul grande valore sociale ed educativo dello sport, su quanto impatta anche sul sistema economico, trarremo delle conclusioni interessanti».
Da rivolgere credo al governo, ai cosiddetti decisori…
«Al di là delle grandi problematiche che il governo ha affrontato in ambiti diversi, sicuramente valutare l’apporto dei comparti sportivi alla crescita del valore aggiunto aiuta a mettere alla luce dinamiche importanti nel nostro paese».
Quindi un giorno Di Paola ha bussato al suo ufficio e le ha detto: vediamo di capire quanti soldi mette in giro il mondo equestre…
«Sì in termini semplici, l’obiettivo era questo. Ci siamo posti il problema di come realizzare uno studio credibile, la Luiss ha messo a disposizione le metodologie e noi i contatti per trarre i dati da un certo numeri di circoli, facendo particolare attenzione alla rappresentatività del campione».
In che senso?
«Ciascuno di noi può avere conto di quanto costa la gestione di un cavallo, ma va ricordato che esiste una differenziazione non marginale sul territorio, dia tra nord e sud ma anche tra città e aree non urbane. Un maneggio in città ha costi di realizzazione probabilmente superiore ad una struttura periferica. Va dato merito alla Luiss che ha voluto comprendere la nostra realtà per poi trovare i criteri per campionare al meglio i circoli ippici: un’indagine statistica è credibile se i dati sono rappresentativi, per cui i professori Sarra e Caroli sono stati particolarmente attenti e si sono incuriositi alla nostra realtà calandosi con passione nel dettaglio di uno sport che pure non conoscevano bene dall’inizio».
Come mai siete i primi a realizzare questo studio: eppure ci sono Federazioni molto più grandi e magari anche con più risorse?
«Un ruolo forte che sta svolgendo la gestione della Federazione guidata da Marco di Paola è quello di non fermarsi a seguire, intercettare, capire e dare risposte alle mille esigenze del nostro mondo che pure ha la complessità del doppio atleta. Tra l’altro in questa disciplina uno dei due atleti vive 365 giorni all’anno, 24 ore al giorno in una struttura: dico sempre che una palestra a una certa ora chiude, mentre il circolo ippico ha attenzione, cura e cautela che vengono a condizionare in maniera avvolgente e totalitaria la vita del centro ippico sempre. Dicevo, la caratteristica di questa gestione della Fise, e che forse non è sufficientemente percepita all’esterno, è di guardare alle singole esigenze quotidiane ma cercando sempre di astrarre dall’esigenza che ci viene rappresentata il problema per dare risposta non al singolo ma all’intero sistema».
Con un’ottica insomma di lungo termine…
«Merito di questo sistema è quello di provare a strutturare una federazione sportiva come vorremmo fosse tra due-tre-cinque anni, con risorse umane molto professionalizzate. Abbiamo lavorato sul bilancio per catturare risorse estranee al nostro mondo – non solo quindi tesserati e circoli – interagendo con partner commerciali che hanno a loro volta interesse ad investire nei nostri progetti. Le risorse umane sono però decisive: si sta sempre più lavorando perché la formazione e la qualificazione dei nostri istruttori possa essere elevata perché cresca il livello di competenze che trasferiamo ai nostri tesserati, fin dal primo livello».
Come è strutturato il Centro Studi Fise?
«Il nostro Centro Studi è stato il promo assieme a quello dell’Associazione Cronometristi. Tre anni e mezzo fa il Presidente Marco Di Paola ha avuto questa intuizione e ha chiesto a me di seguirlo, intercettando i suoi input. Nel nostro team lavorano appassionati ed amici che ci supportano, come Antonio Gennari uno dei dirigenti del Circolo La Farnesina, ex direttore del Centro studi dell’Ance, che ha grande passione per il nostro mondo; Emanuela Mafrolla, ex consigliere federale con una passione notevole per il cavallo e grande capacità di visione per il futuro, Gerardo Lungobardi, uno dei componenti del Collegio dei revisori della Federazione che ci ha dato la possibilità di studiare la parte tributaria e fiscale, e l’ex consigliere federale Francesco Maria Gabriele Mocchi, sulla tematica contrattualistica. Stiamo lavorando sulle forme contrattuali per avere un format e dare un ulteriore supporto ai circoli ed ai tesserati».
Lo studio che avete concluso da pochi giorni avrà una Fase 2?
«Su questa linea il Presidente ci ha già chiesto di approfondire la ricerca verificando non solo il post covid, visto che negli ultimi tre anni il nostro sport è salito del 46% dei tesserati. L’obiettivo è quello di studiare l’impatto sociale che la nostra attività sportiva porta, ragioneremo nelle prossime settimane con la Luiss e con Antonio Gennari per dare indirizzi e capire come lavorare nei prossimi mesi, per vedere quanto il nostro sport impatta a livello sociale».