Bologna, 10 dicembre 2024 – In tempi in cui nella nostra parte del mondo si parla di etica sportiva nei confronti dell’atleta cavallo, riconoscendo al nobile animali una posizione paritetica rispetto atleta umano, ci sono luoghi dove si guarda alla cosa da una prospettiva differente.
In Rajasthan per esempio. Una provincia dell’India con una fortissima vocazione equestre ma con una sensibilità forse diversa dalla nostra.
Proprio nell’anno in cui l’India ha qualificato per la prima volta un proprio binomio ai Giochi Olimpici di Parigi – Anush Agarwalla con Etro, per il dressage – il tema di come debba essere considerato il cavallo è arrivato fino all’Alta Corte di Delhi.
Le fazioni in disputa
I campi contrapposti sono costituiti dalla Federazione Equestre Indiana (EFI), aderente alla Fei, e dall’Associazione Equestre del Rajasthan.
Secondo l’EFI, i cavalli sono esseri senzienti, con una sfera emotiva e quindi qualificati come atleti.
Secondo l’Associazione del Rajasthan, i cavalli sarebbero invece ‘solo cavalli’. Le tasse che riguardano il loro noleggio o trasporto equivalgono per la legge a quelle di barche e yacht. Quindi devono essere considerati ‘attrezzature’. Tassati in fase di importazione al pari di biciclette, imbarcazioni, armi (tutte attrezzature sportive), sempre secondo quanto dichiarato dall’Associazione del Rajasthan i cavalli sono evidentemente attrezzature, con la differenza che, essendo esseri viventi, vanno anche nutriti.
Alla testa della petizione così controtendenza c’è Raghuvendra Singh Dundlod, un noto uomo di cavalli dalla lunga tradizione equestre famigliare che a sostegno della sua ipotesi porta come prova d’evidenza che per i cavalli che vincono delle gare non c’è una medaglia come per gli altri atleti.
Un altro punto che Dundlod solleva riguarda il fatto che se un cavallo presenta una zoppia, può essere sostituito. Mentre ciò non accade per un umano (atleta). A riprova del fatto che il cavallo non è il vero atleta bensì una particolare forma di attrezzatura.
La posizione della Federazione indiana
«Possono dire ciò che vogliono – ha dichiarato il Segretario generale dell’EFI, Col Jaiveer Singh – ma i cavalli sono a tutti gli effetti degli atleti. Anche secondo il paragrafo 16 del nostro Codice sportivo nazionale».
Anche secondo l’avvocato di EFI. Jayant Mehta, la questione non pone dubbi. «Un cavallo necessita di un passaporto, viene sottoposto a controlli medici e a quarantena. Riceve punteggi nelle competizioni… Nessuno dà punti a un giavellotto o a un fucile. E nessun fucile o giavellotto rifiuta di sparare o volare».
L’elefante nella stanza
Ma cosa si cela veramente dietro questo surreale dibattito? Qual è la vera ragione che ha animato le avverse posizioni fino al ricorso all’Alta corte? Come sempre motivi molto umani e per niente equestri…
L’Associazione Equestre del Rajasthan vuole il diritto di voto per gli Stati, come già accade per tutti gli sport.
La Federazione equestre indiana insiste sul fatto che questo sport invece è “peculiare” e non può avere un quadro di governance piramidale di organi distrettuali e statali, in quanto le norme che devono garantire ogni cavallo valgono al di là delle competenze territoriali. Requisiti e leggi per la loro custodia devono essere stabiliti a livello nazionale e non provinciale.