Bologna, 16 marzo 2022 – Ci ha sempre incuriosito la figura di questa donna, così importante non solo per la storia della Francia ma anche per quella dell’equitazione.
Perché è stata lei a far perfezionare le selle a uso delle dame, sino alla sua epoca poco più che panchette issate su muli e cavalli per trasportarle passivamente: Caterina non era bella, ma in sella riusciva a dare il meglio di sé.
Perché Caterina de’ Medici aveva coraggio, le piaceva galoppare e lo sventolio delle gonne permetteva di lasciar intravedere senza troppo scandalo le ben tornite gambe.
Ma noi in tanti anni di curiose ricerche non eravamo riusciti a trovare una immagine che ce la mostrasse in sella.
Abbiamo trovato finalmente un raro disegno della regina a cavallo nel ricchissimo archivio della Fototeca Gilardi: festeggiamo l’avvenimento ricordandovi la sua storia.
Se pensando lei vi viene in mente la vecchia immagine della Vedova Nera e intrigante facciamo una cosa: pulite la metaforica lavagna della vostra memoria e ricominciamo da capo.
Nata a Firenze nel 1519 da Lorenzo II de’ Medici (non il Magnifico ma il nipote, quello imbelle per non dir peggio) e una nobilissima dama francese, Maddalena de la Tour d’Auvergne.
Rimase subito orfana e venne cresciuta sotto la protezione dagli zii pontefici Leone X e Clemente VII riuscendo a scamparsela (anche grazie al suo carattere dolce, amabile e diplomatico) fino al matrimonio.
Che venne combinato per lei con Enrico di Francia, allora figlio cadetto di Francesco I.
Che era un gentiluomo e le volle sempre bene, ma non poté proteggerla a lungo dalla gelida indifferenza del marito (divenuto poi re a causa della morte del fratello primogenito) e dal potere sterminato dell’amante storica di lui, Diana di Poitiers.
Caterina non era amata a corte: non solo quei tesori degli zii non versarono mai la sua dote, ma era anche considerata una mezza parvenue per via del sangue Medici, tutt’altro che bleu.
Eppure Caterina ha dato tanto alla Francia: le forchette, la cucina francese moderna (derivata, macarons compresi, dai cuochi del Mugello che si portò fin là), dieci figli di cui sette sopravvissuti all’infanzia che riempiono ancora dei loro vizi libri di storia e filmoni in costume.
Capite bene che la poveretta doveva difendersi come le era possibile e, al posto suo, sarebbe stato difficile fare di meglio.
Ma nonostante tutto ebbe anche il tempo di essere una abilissima e coraggiosa chevalière e inventare la sella all’amazzone, oltre che adattare le mutande (già rese fashion da Isabella d’Este, trend-setter dei tempi suoi) ad usum equestre .
Pare che l’idea di aggiungere un aggancio alla normale panchetta da palafreni destinata alle donne le fosse venuta grazie allo zio Leone X.
Afflitto da una terribile fistola anale era uso a montare con le gambe di lato, quasi come una donna (e pare non fosse l’unica sua…femminilitudine, ohibò).
Caterina aggiunse quindi il corno cui agganciarsi con il ginocchio destro ad una sella più simile a quelle da uomo, emancipandosi dalla necessità di uno scudiero che tenesse la briglia del cavallo da terra.
Perché, appollaiate trasversalmente sulla schiena di un cavallo a quel modo, era impossibile avere il cavallo in mano.
La nuova sella permetteva all’amazzone di essere rivolta in avanti anche se solo di tre quarti e Caterina, senza dover montare a califourchon e quindi mantenendo decoro ed eleganza, poteva scapicollarsi al galoppo dietro le cacce che tanto amava, in compagnia del suocero gentile o più tardi della sua numerosa figliolanza.
La mutanda era necessaria per gli sventolamenti delle sottane durante le galoppate, permesse finalmente dalla “sua” sella.
L’unica bellezza fisica di Caterina erano le gambe, e aveva trovato così il modo sia di farle vedere con una scusa plausibile che di coprire quel che non era opportuno mostrare.
Da notare che l’anafettivo marito di Caterina, Enrico II di Francia, era il destinatario della dedica di Cesare Fiaschi alla prima edizione del suo “Trattato dell’imbrigliare, maneggiare, et ferrare cavalli”, datato 1556.
Tutta una famiglia dedita all’equitazione, anzi si può dire unita solo dall’amore per questa disciplina – Diana di Poitiers compresa, a onor del vero.
Su di lei Caterina si rivalse solo dopo la morte del marito, avvenuta per un incidente mortale mentre giostrava a cavallo: la confinò in un piccolo castello vita natural durante, facendole pagare così anni di amarezza.
Curiosamente Caterina, tutt’altro che una vamp in vita, ha il monumento funebre più sexy che sia dato vedere in Europa: quello di Saint-Denis, dove è ritratta avvolta solo da svolazzanti veli che lasciano scoperte le sue belle gambe e anche qualcosina di più accanto (finalmente!) al marito, altrettanto in déshabillé.
Per saperne di più: Caterina la Magnifica – Vita straordinaria di una geniale innovatrice di Lia Celi (Autore), Andrea Santangelo (Autore): è un libro divertente, prezioso e delizioso.