Bologna, 13 dicembre 2019 – L’intervista gliela avevamo fatta a febbraio 2019 ed era uscita sul numero di marzo 2019 di Cavallo Magazine: adesso ci è ricapitato di pensarci, e magari fa piacere anche a voi rileggerla – o leggerla, tout court!
Avevamo visto lo spettacolo di Christian Da Pos e i suoi stalloni arabi in Fieracavalli a Verona, nell’ottobre scorso: lo avevamo cercato più’ per dovere professionale che per vera curiosità, dopotutto di cavalli in libertà ormai se ne vedono così tanti…ma abbiamo fatto molto in fretta a ricrederci, perché il suo non è uno show come gli altri.
Tanto per cominciare, i suoi compagni sono tutti stalloni Purosangue Arabi. In realtà non volevamo nemmeno crederci che fossero davvero tutti stalloni, pensavamo ad una licenza poetica dello speaker e confessiamo di aver guardato con attenzione ogni soggetto per sincerarci del genere di appartenenza. E sì, i cavalli che sembravano giocare con lui sulla sabbia del ring erano tutti forniti dei loro bravi attributi: il che è già qualcosa di eccezionale, di solito si tratta di castroni o femmine che vengono esibiti insieme.
Dopo di che ci siamo finalmente lasciati prendere dal fascino del suo numero. Dove è evidente che emerge forte la personalità di ciascun cavallo, non imbrigliata all’interno di una coreografia, anzi: al contrario, ognuna viene esaltata da quelle che potrebbero sembrare sbavatura nelle aspettative dello show.
Naturale quindi cercare di conoscere meglio Christian e il suo lavoro, lo abbiamo raggiunto telefonicamente e appena ci ha risposto abbiamo capito quale è la base fondamentale della sua filosofia: «Spero si senta bene da qui il cellulare» dice Christian, «adesso sono in mezzo al branco, come faccio ogni mattina. In più è un momento delicato, sto inserendo un altro elemento: è un puledro di 6 mesi».
Ci piace questo dialogo a distanza ma con i rumori dei cavalli sullo sfondo – sbuffi, mezzi nitriti e suoni morbidi di zoccoli sul terreno – che fanno da colonna sonora e ci portano idealmente nello stesso luogo, riconoscibili come sono ad occhi chiusi.
Sarà per questo che viene facile parlare con Christian Da Pos e la nostra chiacchierata si dipana senza creare difficoltà o fastidi nemmeno quando saltiamo da un argomento all’altro come ci scappa a seconda di urgenze e curiosità.
Prima domanda, la più banale: passa molto tempo con loro?
“Almeno 5 ore al giorno, ogni giorno: e lo faccio perché è utile per me, sono loro i miei insegnanti. Mi reputo molto fortunato da quando ho cambiato la mia vita: prima ero un addestratore classico, lavoravo tanto per gli altri altri e poco con i miei cavalli. Poi circa 6 anni fa ho capito che non mi bastava più: ho preso i puledri che ora sono gli stalloni dello show e ho cominciato a passare con loro almeno metà della giornata. E’ stata una scelta radicale, mi sono anche preso un anno sabbatico per stare 24 ore al giorno con loro: sono andato su in una malga con 30 fattrici, volevo assaggiare il vero naturale. Ho appreso tanto da quella esperienza, dai pastori e dagli animali“.
Cosa le hanno insegnato?
“Mi hanno insegnato a parlare con il silenzio, cosa che io tendevo a non fare. Poi tante altre cose che nemmeno immaginavo: ad esempio che i cavalli si dividono per colore in natura, tendono ad aggregarsi per mantello. Ho imparato che immagazzinano il calore in precisi momenti del giorno: come ora che è quasi mezzogiorno e per un’ora i miei cavalli si rilassano, ognuno in una posizione diversa a seconda di dove e come sono stati la notte e fanno una vera ricarica, come fossero un pannello solare. Ma la cosa più importante è che avevo il classico approccio di chi dice al cavallo “Voglio fare qualcosa”, adesso è il contrario: sono loro che mi dicono cosa vorrebbero da me”.
E i cavalli cosa vogliono di solito?
“Prima di tutto vorrebbero vivere badando ai beni primari, loro starebbero bene qui a brucare. Ma in realtà questo è un po’ riduttivo: per esempio il mio branco di soli stalloni, loro hanno bisogno di essere guidati. Quando arrivo ci diamo il buongiorno e ogni giorno cambia la realtà, cerco di trovare una energia simile alla loro: io ho bisogno della loro energia, loro cercano una collaborazione con me“.
Chi sono questi cavalli?
“Non conoscono box e tettoie, mangiano in modo molto naturale (niente mangimi né fioccati) e non sono mai stati montati né addestrati: il nostro rapporto è diventato anche un po’ morboso, mi mancano sempre quando sto lontano da loro, non ci si crede neanche quanto. Questi cavalli sono la mia famiglia, sempre di più sto meglio qua dentro il mio recinto: è un mondo perfetto, senza invidie, dove i rapporti sono veri e io sono sicuro che i miei cavalli non mi tradiranno mai. Adesso siamo un branco di 15 elementi ma voglio arrivare a 20 cavalli entro un anno, perché mi rendo conto che con questa energia stanno proprio bene“.
La cosa che salta agli occhi guardandovi è che il vostro non è un numero, o uno spettacolo propriamente detto.
“Sì, io voglio cavalli collaborativi, che devono voler fare e poi tornare da me“.
Come è cominciata la sua storia con i cavalli?
“Sono figlio di veneti ma cresciuto in Umbria, a Tavernelle in provincia di Perugia, dove mio padre si trovava per lavoro: il mio maestro di scuola veniva da una famiglia di butteri, aveva un cavallo e sapendo che mi piacevano molto mi lasciava spesso giocare con lui. Poi ci siamo spostati di nuovo a Venezia, lì ho cominciato a fare salto ostacoli e poi endurance, gare di morfologia con i Purosangue Arabi, alta scuola con i Frisoni…mi sentivo figo, ma mi rimaneva sempre l’amaro in bocca perché finiti gli esercizi non sentivo poi tutta questa soddisfazione. Così 20 anni fa ho iniziato ad avvicinarmi alle varie scuole di pensiero etologiche: c’erano cose che mi piacevano, ma non era proprio il mio mondo. Fino a che non ho trovato il mio branco ero abbastanza duro con i cavalli, senza sapere di esserlo“.
Quando sono cambiate veramente le cose?
“Il giorno che è arrivato a casa il mio cavallo grigio, quello che monto, un Purosangue Arabo egiziano: l’allevatore era disperato, a due anni aveva distrutto tutto. Avevo iniziato con lui tramite l’approccio etologico ma non funzionava, o meglio solo fino a un certo punto ma era diventato robotico, dava risposte meccaniche. Allora ho stravolto tutti i miei schemi e lavorato in libertà solo con lui in due ettari di terreno: se veniva da me, arrivava con una energia diversa e dava risposte diverse, più vere, più lunghe. Questo mi ha fatto pensare che c’era un altro mondo e da lì ho cominciato il mio cammino: bisogna crederci tanto, ma sentivo che era il percorso giusto. Credo, molto umilmente, di essere nel profondo più simile ad un cavallo che a una persona, ne sono convinto: io sto bene quando sono nel branco”,
Come mai ha scelto i Purosangue Arabi per formare il suo branco?
“Li ho sempre avuti nell’immaginario fin da piccolo, dalla prima volta in cui vidi il film Black Stallion: però erano all’inizio qualcosa di irraggiungibile, sentivi dire da tutti “quei cavallini là”. Poi ho capito che erano proprio quello che cercavo da un cavallo: il PSA è nevrile ma fedele, ha risposte molto vivaci, molto reali, non ti nasconde nulla. E hanno una eleganza innata, assoluta. Quando poi inizi a toccare Arabi è difficile spostarsi su altri cavalli perché c’è un approccio diverso: con un cavallo Quarter Horse devi dire “fai questo, fai quello”, ad un Psa devi chiedere Vuoi venire con me a fare questa cosa?” .
Un atteggiamento che aiuterà anche nel lavoro con altre le razze.
“Sì, è fondamentale anche con tutti gli altri cavalli. Sabato scorso ad esempio ho avuto una esperienza bellissima. Nel centro dove lavoro ci sono tanti ostacolisti, tra cui una ragazza molto brava ma che aveva un problema con il suo cavallo. Mi ha detto “Christian, c’è qualcosa che non va in tondino” così dopo aver visto girare cavallo alla corda le ho proposto di provare a cambiare tre cose. Il cavallo ha risposto subito, si è messo quasi per terra dopo 5 minuti e non vedeva che lei. Adesso sembrano due innamorati, uno guarda e cerca l’altro continuamente. Con i cavalli basta poco, nessuno parla il loro linguaggio ma quando trovano chi si avvicina al loro modo di comunicare rispondono con tutta l’anima“.
Viene in mente quella fotografia in banco e nero anni ’50 dove c’è un bambino sordo che, grazie ad una apparecchiatura speciale, ascolta per la prima volta la voce della sua mamma.
“E’ vero, è l’immagine perfetta per descrivere la situazione: e i cavalli quando si sentono compresi danno il meglio di loro, sono estremamente generosi”.
Christian, chi è lei adesso?
“Un uomo fortunato, che adesso può girare il mondo e imparare da tante persone ma sempre vestito in jeans e scarponi: perché, alla fine, sono solo uno che vive in un prato con i suoi cavalli“.
L’energia di Christian
I Purosangue Arabi di Christian vengono nutriti in modo naturale: fieno di pascoli di alta montagna e wafer a base di erba medica , un po’ di melassa, solo prodotti molto naturali. Ma anche lui si è adeguato allo stesso principio: «Non bevo più alcolici» ci spiega, «sono diventato vegetariano, mangio cose molto simili alle loro e questo ha alzato tantissimo la nostra fiducia reciproca. All’inizio ero convinto fosse un fatto legato alla sudorazione e agli odori, ma adesso mi sembra che l’alimentazione cambi la nostra energia: poi le mie sono sensazioni personali, non ho la pretesa di scoprire o insegnare nulla, Ma è quello che sento».