Bologna, 26 dicembre 2020 – E’ difficile essere veramente innamorati di qualcuno senza interessarsi al resto della sua famiglia.
Per cui, complici i Presepi che sono in tante delle nostre case con al centro di tutti proprio un asinello, un bue e un Bambino appena nato, lasciamo riposare per un poco i nostri mati cavalli e pensiamo ai suoi cugini dalle orecchie lunghe.
Così geneticamente vicini ai nostri compagni di scuderia ma tanto lontani come attitudini e filosofia di vita.
Anche le persone che si interessano ai nostri due eroi sono diverse: i cavalli – veloci, reattivi ed atletici – sono al centro di un mondo a forte indirizzo agonistico.
Mentre gli asini più lenti, riflessivi ed essenziali raccolgono attorno a sé persone che hanno voglia di guardare il mondo con calma e non pensare troppo ad eventuali obiettivi sportivi da raggiungere.
E’ un po’ strano, per noi cavallari, fare conoscenza la prima volta con un compassatissimo Equus Asinus.
Nei loro occhi sembra di trovare i ricordi di giorni molto lontani e si ha l’impressione di avere a che fare con un tipetto serio e sostenuto, che dà poca confidenza.
Poi ci si accorge di quanto sia delicato e attento, prudente, tutto diverso insomma dall’ingenuo ed entusiasta Equus Caballus medio.
Questi di solito si affida completamente alle nostre mani ed è un po’ come un figlio di cui si ha la responsabilità.
L’asino invece dà la netta impressione di essere un nonno che si fa carico anche di te e sa decidere in autonomia la cosa migliore da fare; come dicevano i vecchi : «Il cavallo va dove vuoi tu, l’asino va dove sa che è meglio passare».
Un compagno diverso quindi, non migliore o peggiore del cavallo ma semplicemente differente: il suo passo è lento (4 km. all’ora su terreno pianeggiante, non più di 2,5 in dislivello), ma è un ambio così confortevole che riesce a tranquillizzare anche i più timorosi dilettanti della sella.
I suoi movimenti non sono mai azzardati, la sua unica difesa è fermarsi e valutare la situazione.
Difesa che lo espone spesso alla violenza dell’ignoranza e che comunque dosa con molta saggezza, basta guardarne uno interagire con le persone per accorgersene.
Spesse volte un asino che ha recalcitrato sotto la guida di una mano un po’ troppo rude poi si lascia portare a spasso senza problemi da una bambinetta di cinque anni, neanche fosse un giocattolino con le ruote.
Del resto gli asini hanno una lunga esperienza come monta per i bambini, fino all’inizio del secolo scorso erano loro la prima cavalcatura dei pargoletti di buona famiglia: il carattere pacato li rendeva molto più adatti ai piccolissimi di qualunque pony.
E ancora oggi la loro fermezza di opinioni in materia di aiuti è un’occasione didattica da non sottovalutare.
Non adattandosi mai ad interpretare con troppa facilità le indicazioni imprecise sono ottimi allenatori per cavalieri in erba.
Ma sono capaci anche di fare sfoggio d’autorità: vi è mai capitato di sentire un asino stallone che lancia il suo raglio di sfida?
Smuove tutti i sentimenti e, decibel a parte, è una interpretazione che non può lasciare indifferenti.
Ed è questa la loro costante: gli asini ti toccano.
Piano piano, senza fare sfoggio di nessuna superiorità riescono a mettersi in comunicazione con te.
E a farti guardare dentro quegli occhi così profondi che ti senti quasi in imbarazzo e ti vergogni di tutte le volte che hai badato più alle apparenze che alla sostanza.
Loro calmano e trasmettono serenità, sembra tutto più facile quando hai vicino qualcuno che non si spaventa per una sciocchezza e punta curioso le sue lunghe orecchie verso qualsiasi cosa nuova.
E poi l’asinello è curioso, implacabilmente curioso.
Provate a fare qualsiasi lavoro a portata di un asino e vedrete se non verrà a indagare nei vostri attrezzi, se non assaggerà il manico della forca, se non proverà a cercare di portare via qualsiasi cosa che non sia fissata o troppo pesante per non essere presa con delicatezza dai suoi dentoni e poi portata altrove per essere studiata e giocata a dovere.
E la curiosità, lo sappiamo tutti, è il sintomo più infallibile dell’intelligenza.
Va tutto a demerito di noi esseri umani averli usati come esempio di ignoranza, e questa infelice scelta la dice lunga sull’ottusità dell’Homo Sapiens.
Ma tra cavalli e asini c’è molto di più: la loro famiglia è un po’ come una di quelle modernamente allargate, dove c’è posto per tutti.
I Muli
Per secoli le sue qualità di resistenza, forza e robustezza hanno reso indispensabile questo ibrido che nasce dall’accoppiamento tra un asino (lo stallone) ed una cavalla (fattrice).
Qualche anno fa abbiamo chiesto a Luca Calvetto, un appassionato pienontese di barrel racing che ha molti allievi muli, se è molto diverso addestrare un mulo rispetto ad un cavallo
“La differenza più marcata” spiega Calvetto, ” è dovuta alla loro costituzione: la struttura della loro incollatura condiziona la cessione e di conseguenza è più difficile fare la bocca. Ma la cosa principale è capire il loro carattere: non accettano nessun tipo di violenza, con loro ci vogliono solo tanta pazienza e calma. Sono come dei giovani zucconi di montagna, ragazzotti un po’ rustici ma pieni di ottimi principi ed è per questo che se la prendono se ti comporti male con loro. Non ti assecondano mai, devi dimostrarti alla loro altezza per farti capire”.
Celebre tra loro Wallace, che in Gran Bretagna ha fondato il tetto di vetro che negava ai muli la possibilità di competere nelle gare di dressage.
Da noi lo splendido Brillantino di Enrico Maria Scolari siamo sicuri potrebbe dare dei punti a tanti cugini cavalli, nel rettangolo.
I Bardotti
Una vera chicca equestre, i bardotti: nascono dall’incrocio di fattrice asinina x cavallo stallone e sono ancora più rari dei muli.
Più delicati e fini di questi ultimi, morfologicamente somigliano di più ad un cavallo.
Hanno un nitrito particolare, non spezzato in sillabe come quello dei cavalli ma tenuto a lungo come fossero soprani in vena di stupire.
Due bardotti sauri che abbiamo visto a Carmagnola ormai più di una decina di anno fa, Lussorio e Teodora, ci hanno affascinati: sono fratello e sorella nati in Sardegna da una storia d’amore molto particolare.
Ce la racconta Giuseppe Bosco, maniscalco e loro attuale proprietario.
“Il loro padre, Bolero, è un Anglo-Arabo figlio di uno stallone egiziano. Doveva coprire le fattrici da mezzo-sangue in un allevamento di Nuoro ma era troppo sofisticato, non le voleva. Così dopo vari tentativi lo hanno lasciato libero in un paddock con una vecchia somarella sarda per tenergli compagnia. Un bel giorno il proprietario si accorge che nel paddock sono in tre: Bolero, la somarella e…un puledrino arabo con le orecchie molto, molto lunghe”.
Era Lussorio, nato nel 2001 al quale è seguita Teodora nel 2005.
I due fratelli Sono piccoli, un metro e trentacinque circa al garrese ma elegantissimi e pieni di stile; Lussorio attaccato è uno spettacolo di precisione, davvero un complimento dal vivo per il suo guidatore.
Belli sono belli, ma il carattere com’è? «Sono bestie strane» ci spiega Giuseppe «ti mettono sempre in discussione e giocano sul pesante, anche fra di loro. Ma recepiscono molto bene quello che gli insegni e non se lo dimenticano».
Curiosità statistica: in Sicilia, terra degli splendidi asini Ragusani, ci sono ancora due allevamenti che dichiarano la produzione di bardotti.
Viene voglia di allargare il Presepe, che dite?
Magari il prossimo anno vicino all’asinello potremmo metterci anche un mulo e un bardotto…così, per esagerare un po’!
E non ce ne voglia il Papa Emerito Joseph Ratzinger, che in un suo libro ha scritto che nessun animale era presente al momento della nascita’ di Gesu’.
Noi seguiamo la tradizione di San Francesco, che a Greccio mise bue e asinello accanto alla Sacra Famiglia: per riscaldarli, anche con il oro grande cuore.