Bologna, 3 agosto 2019 – Robert Edward Lee è stato uno dei più famosi generali sudisti, una vera icona per i confederati e non solo: il suo valore, la sua signorilità e la capacità di mettere il bene della nazione al di sopra di tutto lo fecero amare anche da quelli che durante la Guerra di Secessione erano stati dall’altra parte della barricata.
E negli States la sua figura è praticamente indivisibile da quella di Traveller, il preferito tra tutti i suoi cavalli.
Traveller era un American Saddlebred nato attorno al 1858 nell’allevamento Grey Eagle della contea di Greenbrier, in Virginia: era un gran bel puledro, tanto che vinse il primo premio alla fiera di Lewisburg per due anni consecutivi.
Solido, ben fatto, con un bel mantello grigio pomellato e coda e criniera nere e fluenti aveva davvero le physique du rôle per fare il cavallo di un condottiero.
Venne acquistato per 175 $ dal capitano J. M. Broun del 3° Reggimento, comandato dal generale Lee, nel 1861 e fu subito apprezzato da tutti per l’energia del suo passo, la sua forza e il suo coraggio.
Anche il generale Lee venne colpito da quello che Broun chiamava Greenbrier, tanto che lo comprò per 200$ dollari nel 1862, quando il capitano venne trasferito altrove: e lo ribattezzò Traveller.
Il loro fu subito un connubio perfetto e anche se Lee aveva altre monte a su disposizione (Lucy Long, Richmond, The Roan e Ajax) creò con Traveller un binomio ideale, nonostante un incidente occorso durante la battaglia di Bull Run: Lee era smontato di sella e teneva Traveller per la briglia quando il cavallo si spaventò e fece cadere Lee, che si ruppe entrambe le mani e per alcune settimane poté spostarsi solo in ambulanza.
Di Traveller Lee scrisse che «Se fossi un artista… vorrei fare un quadro di Traveller che rappresentasse le sue belle proporzioni, la sua figura muscolosa, la testa piccola, le orecchie delicate, l’occhio svelto. Un quadro del genere potrebbe ispirare un poeta che raccontasse del suo valore, e descrivesse la sua resistenza alla fatica, alla fame, alla sete, al caldo e al freddo e i pericoli e la sofferenza attraverso i quali mi ha portato. E la sua intelligenza e il suo affetto, e la sua risposta invariabilmente pronta a ogni desiderio del suo cavaliere. Si potrebbero anche immaginare i suoi pensieri attraverso le lunghe marce notturne e le battaglie attraverso le quali è passato. Ma io non sono un artista, e quindi posso solo dire che è un grigio confederato».
E’ evidente che Lee forse non era un pittore, ma aveva comunque una vena poetica ben spiccata: prima fare quel lungo, delicato e fine elenco di pregi del suo cavallo e fingere la non capacità di esprimerli, per poi contrappuntare il tutto con quei due aggettivi, grigio e confederato, che sanno di battaglia e polvere e anche di una sottile, affettuosa ironia (le giubbe e i berretti dei soldati Confederati erano, infatti, grigi).
Solo un artista può avere la capacità di dipingere così, con le parole, usandole per creare i chiaroscuri necessari a dare risalto al soggetto che vuole descrivere.
I pensieri di Traveller sono poi stati veramente immaginati dallo scrittore Richard Adams: il suo libro del 1988, dal titolo che ripete il nome del bel grigio, è concepito come un lungo racconto fatto da Traveller in persona a Tom, il gatto che gli tiene compagnia durante gli anni della felice pensione post-bellica.
Sono bellissime pagine, dove Adams riesce ad essere estremamente credibile nel rendere il mondo come può essere visto dagli occhi di un cavallo: Traveller risalta in tutta la sua generosa buona volontà, anche un po’ ingenuo nella sua convinzione che il generale avesse vinto la guerra e nel non capire che il suo vecchio amico era morto.
Ma i cavalli in fondo lo sono davvero, ingenui, sempre disposti come sono a credere il meglio possibile di ognuno di noi.
Perché, tornando alla nostra storia, come ben sappiamo i Confederati persero: dopo la fine del conflitto il generale si dedicò come preside al Washington College di Lexington e Traveller rimase con lui, tanto amato da tutti che la sua coda, a causa dei continui prelievi di crini come souvenir, divenne «…spennacchiata come quella di una vecchia gallina», parole del generale Lee.
Lee morì nel 1870 e al funerale Traveller fu condotto a mano dietro al feretro, con la gualdrappa di crespo nero: morì anche lui l’anno successivo a causa del tetano contratto calpestando un chiodo, poi conficcatosi nella suola di uno zoccolo.
Traveller è stato seppellito a pochi passi dalla tomba del suo generale e gli studenti del Washington and Lee College continuano a ricordarsi di lui, e lo considerano il loro portafortuna: ancora oggi la porta del suo vecchio box è lasciata sempre aperta, per permettere al suo spirito di andare e venire liberamente.