Bologna, domenica 25 febbraio 2024 – Ci sono telefonate inaspettate che ti cambiano la vita, ed ognuna lo fa a modo suo.
E’ proprio da un telefono che squilla improvvisamente e dal suono di una voce sconosciuta, ma molto autoritaria, che inizia la nostra storia (vera). E’ sera, gli uffici sono già tutti spenti, a parte qualche luce in qua e là che illumina i sonnolenti edifici grigi, stretti intorno a Central Park, New York.
Cynthia ha la scrivania invasa di fascicoli e siede sommersa nella noia del lavoro arretrato, fuori piove. Il telefono squilla, come altre cento volte durante la giornata. Con non poca svogliatezza, risponde. Una voce austera ordina: “Voglio parlare con Cleveland, e voglio parlargli adesso. Subito!” Cynthia recita la frase fatta dove dice che il suo capo è fuori per lavoro e che la farà richiamare. Ma, evidentemente, non era la risposta giusta.
“Forse non ha capito, io gli voglio parlargli ora. E’ un questiona urgente, ma chi diavolo comanda là?”
Cynthia non poté che rispondere: “Io!” E da qui iniziò un’avventura che nessuno in quella fredda e assonnata serata newyorkese si sarebbe mai potuto immaginare.
A quanto pare, esistevano cavalli addestrati che si guadagnavano il pane tuffandosi. E non è un errore di battitura. Per oltre un secolo, tra la fine del 1800 fino ai giorni nostri, una delle più grandi attrazioni, talvolta anche itineranti, è stata quella di un cavallo che con in sella una ragazza in costume, si tuffava da una piattaforma alta 18 metri (l’equivalente del quarto piano di un palazzo) in una vasca profonda appena 3 metri.
Li chiamavano Diving Horses. Le chiamavano le Diving girls. Erano sempre e solo ragazze quelle che montavano al volo in sella a dei cavalli che salivano al galoppo sulla piattaforma (due volte più alta del trampolino olimpico) per poi lanciarsi nel vuoto, insieme. Non c’erano trucchi, non c’erano segreti. Esisteva solo il tuffo insieme nel vuoto, l’impatto violento con l’acqua e il cavallo che toccava il fondo della vasca con gli zoccoli e con tutta la forza che aveva si spingeva verso la superficie. Riemergendo. Non sempre illese, le amazzoni.
“Stai ascoltando, ragazza? Uno di questi cavalli è già in una lattina di cibo per cani, mentre l’altro lo seguirà a breve!”
Come sappiamo bene, dopo lo show, dopo il divertimento, dopo le risate e le fotografie, quando le luci si spengono, rimane solo un cavallo. Niente di più. E si trasforma solo in un cavallo che crea problemi per gli organizzatori, senza scrupoli, perché semplicemente continua a vivere. Dopo aver avuto un enorme successo in tutta l’America, soprattutto ad Atlantic City, il business dei cavalli che si tuffano nel vuoto non rendeva più come prima. E non perché ci fosse una qualche legge che ne vietasse lo svolgimento per la tutela degli animali. Ma semplicemente perché il pubblico non era più interessato a questo tipo di intrattenimento. Non si vendevano i biglietti.
E così, durante una svendita di arredi ed infissi, fu svenduto anche Powederface che ben presto finì al macello, dopo il suo ultimo spettacolo.
“Che cosa hai intenzione di fare?” sbottò la voce più burbera che mai. “E’ stato messo all’asta l’ultimo cavallo tuffatore rimasto allo Steel Pier di Atlantic City. Si chiama Gamal ed ha vent’anni. Lo venderanno a peso.”
Dopo vent’anni vissuti tra scuole di equitazione, ippica, spettacoli equestri di vario genere, Gamal era arrivato a guadagnarsi la vita tuffandosi nel vuoto e intrattenendo migliaia di persone. Adesso era rimasto soltanto lui e, per assurdo, era anche anziano. Aveva il destino già scritto sulla porta del box: macello.
“Ci prenderemo cura di lui, lo prometto!”
Non sapremo mai di chi fu la voce che quella sera invernale chiamò Cynthia alla Fund for Animal fondata da Cleveland. Non potremo mai sapere cosa abbia veramente visto Gamal nella sua passata vita. Non sappiamo se soffrisse o avesse paura ogni volta che doveva esibirsi. Probabilmente alla fine era diventata un’abitudine, considerando che questi spettacoli venivano ripetuti quattro volta al giorno e sette giorni su sette.
Non ci sono testimonianza, ma come potrebbero mai esserci, di cavalli rimasti feriti durante i tuffi. Di incidenti però ce ne furono, alcuni anche molto gravi, come quello della più celebre Diving Girl di sempre: Sonora Webster. Un giorno, dopo anni che faceva questo mestiere, Sonora ebbe un problema con Red Lips, il suo cavallo. I due non si compresero, lui scivolò, lei dovette intervenire mentre erano in volo, per evitare di cadere fuori dalla vasca sottostante. L’entrata in acqua fu burrascosa e lei non fece in tempo a chiuder gli occhi. Il distacco della retina fu inevitabile. Da quel tuffo Sonora riemerse senza più vedere la luce. Il buio l’accompagnò per tutta la vita ma non le impedì di continuare a tuffarsi a cavallo per tanti altri anni, fino al 1942.
Sarebbe errato pensare che questo spettacolo si sia definitivamente fermato intorno al 1980. Non tanto tempo fa, appena nel 2012, ad Atlantic City è stato riproposto lo spettacolo. La crudeltà delle logiche del business non sono cambiate, le leggi americane neanche (ancora oggi nessun divieto per questo show), ma, fortunatamente è cambiata la sensibilità delle persone. Per quanto sia garantito, in modo più o meno convincente, che non ci sia crudeltà verso i cavalli, gli spettacoli sono andati deserti. Lo show non è continuato.
Dopo più di un secolo, l’invenzione di William “Doc” Carver, tiratore scelto e cofondatore dello spettacolo di Buffalo Bill (che abbandonò per divergenze di vedute con Mr. Bill), era giunta al termine.
I cavalli non ci diranno mai se avessero piacere o se gli fosse indifferente tuffarsi da una piattaforma alta 18 metri. Alcune diving girl dicono che certi cavalli si fermassero in cima al trampolino per osservare il mondo dall’altro, seguivano con lo sguardo i gabbiani volare. Un folle volo, il loro, che ci riporta alla folle scelta di una ragazza rimasta troppo a lungo a lavoro, in una sera invernale, tra i fascicoli arretrati.
Una folle chiamata improvvisa, ed anche poco cortese, che aprì uno squarcio nel sonnolento ufficio di New York, portando con sé cavalli che si tuffano, odore di mare, urla di stupore, tradimenti ma anche una nuova luce. Uno squillo che salvò la vita di Gamal e quella di Cynthia che conobbe, per la prima volta, cosa significhi vivere una vita veramente piena: prendersi cura di un cavallo.
“Ci credo. So che te ne prenderai cura e ti terrò d’occhio!”