Bologna, venerdì 22 novembre 2024 – Esiste un luogo terribile a sud della Nuova Scozia, Canada. Le sue spiagge immacolate sono fatte di sabbia finissima e bianca, basse e limpide sono le acque che le bagnano. Qui, sospesi tra il vento e il mare, dove le dune si fondono con la vegetazione costiera, immersi in un paesaggio di una bellezza mozzafiato, troviamo il luogo più mortale dell’Oceano Atlantico, tanto che nei secoli si è guadagnato il soprannome di cimitero dell’Atlantico.
Le sue acque hanno inghiottito oltre 350 navi, innumerevoli marinai e i suoi fondali conservano tonnellate di oro e argento provenienti da terre lontane. Tante tragedie celano queste coste su cui però qualcuno ha trovato la salvezza.
Non si sa quali siano le loro origini, ma sulle Sable Island, vivono dei cavalli. E la cosa assurda è che ci vivono solo loro e qualche uccello di passaggio. Possiamo definirla razza? Non propriamente. Possiamo definirli cavalli selvatici? Non propriamente. Però di una cosa siamo certi: sono dei cavalli sopravvissuti.
E sono dei sopravvissuti in tutti i sensi, perché non solo sono figli di cavalli certamente arrivati in modo piuttosto rocambolesco in questa terra desolata, ma sono dei superstiti in quanto vivono in un luogo che è veramente inospitale e non adatto alla vita, neanche per l’uomo.
L’ira dell’isola è duplice. Innanzitutto, poggia su una piattaforma continentale invisibile delle dimensioni del Grand Canyon. In secondo luogo, la sua posizione unica crea un terrificante vortice della corrente del Labrador e della corrente del Golfo che qui si incontrano e possono sollevare le navi e depositarle su banchi di sabbia, come fossero dei giocattoli di plastica. Tutto questo determina un clima che non rende facile la vita: forti venti di burrasca spazzano quest’isola che nel suo complesso è lunga circa 42 km e larga a malapena un km e mezzo.
Tra le nebbie che caratterizzano questo posto inospitale, possiamo vedere emergere delle orecchie, poi una coda, infine sentiamo uno sbuffo e, magicamente, un cavallo ci passa accanto placidamente. Sono loro gli unici abitanti dell’isola.
Oggi sono in circa 500 esemplari che vivono in gruppi familiari di 10-15 cavalli. Impossibile risalire con precisione alle origini di questi cavalli, c’è chi dice che siano gli eredi dei cavalli acadiani che furono sequestrati dagli inglesi a inizio 1700 durante la grande deportazione. C’è chi sostiene che abbiano delle somiglianze con i cavalli Barb nordafricani, tra di loro c’è anche chi ci ritrova dei Clydesdale. Quello che è certo, è che sono i cavalli della sabbia, come li definisce Zoe Lucas, naturalista che ha vissuto per oltre quattro decenni a Sable Island, in solitudine, studiano l’ambiente ma soprattutto studiando e osservando questi cavalli.
Lucas ha documentato i comportamenti dei cavalli per capire meglio come potessero sopravvivere a queste condizioni così insidiose, su un’isola dove non esistono alberi, con poca vegetazione, con poche sorgenti di acqua dolce e dove le sabbie mobili sono improvvise e inaspettate.
Nei suoi studi, la naturalista ha deciso di seguire uno stallone durante il corso di tutta la sua vita, dalla giovinezza alla morte. “Una notte”, ricorda “fu gravemente ferito in una lotta con un altro stallone, perdendo un occhio”. Lucas non era sicura che sarebbe sopravvissuto, ma, invece, ce la fece e, quasi per vendetta, diede origine a una delle più forti mandrie di cavalli che avesse mai registrato sull’isola.
I cavalli di Sable Island rappresentano la forza della vita e della libertà, i loro corpi diventano sabbia che si perde nel vento quando il loro tempo in questo mondo è finito. In un’isola dove ogni impronta lasciata sulla spiaggia dura il tempo di un sospiro prima di essere spazzata dal vento, la vita di questi cavalli è un mistero, loro sono gli unici abitanti di quest’isola e, come spesso accade per la maggior parte dei misteri, un giorno potremmo chiederci se Sable Island e i suoi cavalli selvaggi siano veramente mai esistiti.