Bologna, 15 ottobre 2021 – La staffa cambiò il mondo attraverso l’uso del cavallo in guerra.
I cavalieri erano adesso in grado di combattere in modo più efficace: una rivoluzione delle selle pari forse soltanto a quella della ruota prima, e della stampa poi.
Da quel momento in poi sono cambiate ben poche cose. Lo stesso tipo di sella che diventò comune nel Rinascimento è quasi identico alla struttura di moltissime selle moderne, rivestite più o meno abbondantemente di pelle, imbottiture e cuoio per essere più confortevoli.
Ma la differenziazione principale che se ne poteva fare ancora all’inizio del XX secolo, ultimo lampo di gloria per i cavalli e l’equitazione prima del dilagare dei motori a scoppio, era tra le selle per uso sportivo e quelle da lavoro.
Le prime derivano da un modello che già alla fine del ‘700 veniva definito “inglese”. Moderne nella loro linea essenziale vennero non a caso messe a punto nella patria del Purosangue Inglese e della caccia a cavallo.
Corse al galoppo e salti in campagna non avevano bisogno d’altro che leggerezza e agilità di movimento, tutto quello che viene dopo non è altro che una loro evoluzione.
Ma anche qui le staffe hanno rivestito un importantissimo ruolo. Basti pensare a quanto influiscono sull’assetto, reso veramente attuale dopo l’intuizione di un sellaio inglese di epoca vittoriana. Spostò il punto di attacco del porta-staffile, mettendolo un po’ più sotto la verticale del bacino del cavaliere rispetto a quanto non fosse prima e cambiando così la posizione in sella di chi montava.
Nei primissimi anni del ‘900 ci fu chi mise a punto una equitazione che si basava sull’assetto di staffa, e la libertà di schiena che questo permetteva al cavallo.
Mettendo quest’ultimo nelle condizioni di esprimere al meglio le sue potenzialità atletiche senza tediarlo inutilmente nell’animo. Era il capitano Federigo Caprilli, con il suo Sistema Naturale di Equitazione.
La grande famiglia delle selle da lavoro deriva dai modelli utilizzati nel Rinascimento per l’equitazione accademica.
La sella portoghese moderna differisce ben poco dalla sella à la Royalle che possiamo vedere sulle tavole dell’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert.
E anche le selle di butteri (come quella ‘col pallino’) e cow-boy si possono considerare nipotine legittime di quelle nobili bardature.
Basti veder la sella col pallino maremmana per rendersene conto.
Ma in ogni finimento di ogni angolo del mondo è evidente la volontà di fare qualcosa di bello e di elegante. Che si adattasse, semplice o lussuoso che fosse, a completare l’immagine del cavallo.
Così incantevole quando si muove libero da condizionare chi lo vuole assoggettare alla sua volontà e portarlo quasi inconsapevolmente a essere altrettanto elegante, altrettanto semplice, altrettanto nobile.
Perché è lui, il cavallo, il nostro Re: e sappiamo che tutto quello che possiamo sovrapporgli sono cose in più, indispensabili a noi per essere insieme a lui.
La sua maestà potrebbe benissimo farne a meno: ma è un signore gentile, e accetta le nostre debolezze.
Qui la prima parte dell’articolo