Bologna, lunedì 27 gennaio 2025 – Questa storia ha inizio molti inverni fa, nelle steppe della gelida Siberia. Come in tutte le storie che si rispettino, anche qui vediamo un uomo in fuga a cavallo. Nel bel mezzo di una tormenta di neve, non c’è raffica di vento che riesca a fermare questa persona che continua a guardarsi indietro ma a procedere in avanti.
Alle sue spalle ha lasciato tanti cavalli selvaggi, un’incudine con un martello e un’infinità di ferri. Di quest’uomo di cui perdiamo velocemente le tracce catturate dal vento, non sapremo mai il nome, potremo solo sapere che è un fabbro ma, possiamo dirvi con certezza che la sua fuga è molto antica, così antica da perdersi nella notte dei millenni.
Milioni di ebrei sono fuggiti così, hanno affrontato inverni gelidi e soffocanti deserti, hanno dovuto lasciare le loro case e affetti per scappare e mettere in salvo la propria famiglia. Spesso queste fughe avvenivano in sella, tanto che ci sono non poche teorie che vedono l’origine della parola “Ebrei” in “Habiru”, ossia, in antico egizio: “nomadi stranieri che attraversano i deserti in sella”.
Ebbene, anche il nostro fabbro che ormai abbiamo perso nella tormenta di neve della siberia russa, è ebreo e sta fuggendo. Ma da cosa? Semplice: fugge dalla follia e ignoranza dalle persecuzioni religiose e razziali. Fugge da uomini che fino al giorno prima lavoravano con lui con i cavalli e il giorno dopo lo vogliono uccidere, non solo a lui, ma anche a tutta la sua famiglia che, a quanto pare, non hanno più diritto alla vita. Senza colpe, se non quella di professare un’altra religione o, talvolta, neanche questo, ma solo quella di avere un certo cognome.
Si può uccidere una famiglia solo per il suo cognome? A quanto pare, sì, ed è questa la storia che vi vogliamo raccontare. Una storia di fuga e di rinascita, sempre in sella.
Il nostro fabbro lo abbiamo perso in Siberia, ma lo ritroviamo, molti mesi dopo, in Texas, a Fort Worth. Decine di migliaia di chilometri, un nuovo continente, una nuova lingua e lo ritroviamo di nuovo vicino ai cavalli. Questa volta senza fuga, ma con un’espressione felice, il sorriso del sopravvissuto.
Un sopravvissuto reso ancor più felice dalla vicinanza dei cavalli, un amore questo che ha lasciato in eredità, probabilmente il patrimonio più prezioso che si possa lasciare alle future generazioni, anche a suo figlio, a suo nipote, fino ad arrivare al suo pronipote Chuck Hart, oggi celebre cowboy, sempre di Forth Worth.
L’amore per i cavalli ricevuto in eredità da Chuck è radicale: “fin dalle prime classi della scuola domenicale correvo a montare i pony sulla Main Street di Houston”, racconta Chuck Hart “costava 10 centesimi, i pony più grandi, invece, costavano 25 centesimi”. Erano tanti soldi per un bambino, ma questo non serviva a fermare la sua passione.
“Amavo trasmettere il suo amore ai ragazzi di città che non erano mai saliti a cavallo prima. Iniziandoli alla vita dei cowboy”, questa sua vocazione lo ha portato a essere il Presidente della University of Houston Rodeo Association. “Ho ancora i miei speroni dell’epoca”, dice Chuck che oggi continua a lavorare sia come cowboy ma, soprattutto, come promotore della magia del rapporto unico che si instaura tra uomo e cavallo.
Oggi, 27 gennaio 2025 ricorrono 80 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auscwitz dove milioni di ebrei come il bisnonno fabbro di Chuck hanno trovato la morte senza un motivo. Milioni di amanti di cavalli come noi sono stati uccisi solo con la colpa di avere un cognome che ricordava antiche rivalità e pregiudizi.
Noi non possiamo sapere se mai la follia delle leggi razziali e la tragedia dell’Olocausto potranno ripetersi, ci auguriamo di no, ma sappiamo che ricordare è il primo passo per non dimenticare, e soprattutto per non ridicolizzare il dolore e sofferenza di altre persone che non hanno niente di diverso da noi, neanche nell’amore e nel rispetto per i cavalli che, invece, ci unisce.
Una cosa la sappiamo con certezza e non può sfuggire a nessuno di noi: la gioia immensa e le lacrime di felicità che scorrono sul viso del bisnonno di Chuck nel vedere il suo bisnipote non più costretto a fuggire ma che ha trovato finalmente un luogo sicuro dove vivere, accarezzato dalla criniera dei propri cavalli.