Bologna, 6 luglio 2019 – Judith Anne Dorothea Blunt-Lytton, sedicesima baronessa Wentworth, era nata nel 1873 in piena epoca vittoriana da genitori che appartenevano all’alta società britannica: la madre (dalla quale ereditò il titolo) era nipote di Lord Byron, figia di quella Ada Lovelace studiosa di matematica e considerata la prima programmatrice di computer grazie ad un algoritmo da lei studiato e pensato per essere sviluppato da una macchina.
Per soprammercato, i suoi genitori erano anche importanti allevatori di cavalli arabi: la piccola Judith crebbe in Egitto e Medio Oriente, respirando da subito storia e vita dei figli del vento del deserto.
Ma la sua passione non era limitata ai soggetti più nobili del Creato equestre: si estendeva a tutti i cavalli, dal più rustico al più raffinato senza eccezione alcuna e anche se per forza di cosa la maggior parte delle sue energie era dedicata ai Purosangue Arabi (ereditò dai genitori l’allevamento di Crabbet Park, uno dei più importanti per la storia del PSA in occidente e fu giudice consideratissima) scrisse tra gli altri un ottimo libro dedicato a tutte le razze «migliori del mondo».
Significativo che le comprenda se non tutte, per lo meno le più conosciute e che siano comunque rappresentati tutti i tipi equini – dal pony al cavallo da corsa, dal cavallo da tiro pesante all‘hackney.
Anche dedicandone ovviamente una bella parte ai suoi amatissimi soggetti orientali, per tutti Lady Wentworth ha un aneddoto scintillante, una curiosità da raccontare nel suo stile leggero, conciso e concreto.
Estremamente piacevole da leggere perché unito ad un modo del tutto personale di raccontare la storia, trattata come una vecchia amica di famiglia di cui si conosce tutto e sempre disegnando un quadro pieno di dettagli, colori e luci con al centro il soggetto più bello, quello che da solo era capace di catalizzare il suo interesse e la sua attenzione: un cavallo, di qualsiasi razza fosse.
Il libro è The world’s best horse, di Lady Wentworth – London, G. Allen and Unwin, 1958.