Bologna, 21 marzo 2023 – Poco più di un anno fa, dall’ippodromo di Kiev giungeva il drammatico appello: «Abbiamo oltre 300 cavalli. Aiutateci a farli sopravvivere». Poi la guerra è passata sopra a tutto, travolgendo i buoni sentimenti, lo slancio ad aiutare. E facendoci alla fine pensare ad altro perché è così che funziona la mente umana: quando si trova di fronte a qualcosa di dolorosissimo e irrisolvibile, si rivolge ad altro. Per sopravvivere.
Da quello stesso ippodromo da cui partiva il disperato appello, oggi ci arriva la notizia che là i cavalli continuano a rimanere vicino all’uomo. E nonostante la fame, la guerra, la morte e la paura continuano a sostenere chi ne ha bisogno.
In questo caso i reduci, soldati feriti in riabilitazione, uomini e donne che devono ritrovare in fretta una connessione con la vita.
«Il primo passo si chiama condivisione, per conoscersi – ha spiegato la responsabile della Ong Spirit all’agenzia Afp. – Poi si tratta di stabilire un contatto con un animale. Proiettiamo i nostri sentimenti su di lui» continua.
I cavalli, in questo delicatissimo lavoro hanno un ruolo centrale. Il rapporto che si crea con Persik (Peach), Kombat, Spirit e Amethyst, ospiti dell’ippodromo, è stretto, completo coinvolgente.
I soldati montano procedendo al passo, con un assistente che conduce alla lunghina. «Non dimenticate di respirare e di rilassarvi». L’istruttrice li osserva, uno a uno. Infine, i ‘pazienti’ prendono le redini e si mettono al trotto per provare a riacquistare la propria libertà.
Molti non conoscono i cavalli. Altri montano in sella dopo un’intera vita e ritrovano una connessione con i ricordi della loro infanzia. Come nel caso di Ded (nome in codice), 51 anni.
«La seduta di terapia con i cavalli ha avuto un effetto calmante su di me. Vedremo come mi sentirò in serata. Con il cavallo si fa esercizio fisico e si ottiene un po’ di sollievo psicologico, perchè il cavallo è un guaritore».
Tutti i soldati che frequentano il centro sono stati al fronte e dovranno tornarci. «Questi uomini e donne hanno già vissuto sulla propria pelle situazioni che possono facilmente causare disturbi da stress post-traumatico. Non facciamo diagnosi qui, ma il loro stato psico-emotivo è molto complicato», spiegano i responsabili.
La terapia con gli animali dovrebbe permettere ai soldati di concentrarsi su cose diverse dalle orribili immagini della guerra.
«Il nostro lavoro mira a ridurre lo stress, a rilassare la persona, a far sì che un’altra (esperienza) penetri nel cervello e dia una nuova percezione della realtà».
Oleg, un soldato di 35 anni che si fa chiamare “Diadia” (“Zio”), è alla sua seconda seduta. È così entusiasta che questa volta ha portato con sè due commilitoni.
«È un’atmosfera completamente diversa: il contatto con gli animali, il parlare di sé, la possibilità di condividere le proprie emozioni ed esperienze. È fantastico, ricarica le batterie per il futuro», spiega. «Quando non sei al fronte, cerchi di tenerti occupato tutto il tempo», conclude Oleg, «in modo che i pensieri, l’ansia che puoi aver provato nelle missioni di combattimento non ti torturino».
Anche a questo servono i cavalli…
Per chi desidera aiutare: Ukrainan Equestrian Charity Foundation
Fonte: Agi