Bologna, 12 luglio 2021 – Viene voglia di fare un salto a Trieste e procurarsi l’inserto de Il Piccolo di sabato scorso, Piccololibri.
Protagonista già dalla copertina Lady Burton d’Arundell (1831-1896), moglie del console generale di Sua Maestà britannica a Trieste Sir Richard Burton.
E già da quell’indice sventolato all’indirizzo del marito si capisce parecchio di lei.
Perché sotto le gramaglie vittoriane Lady Burton nascondeva un animo ardente, anche in campo zoofilo.
Nel periodo passato nella città giuliana, allora sotto il dominio Austro-Ungarico, la signora era era famosa.
Come mai? Soprattutto per via del fatto che monitorava con attenzione lo stato e il trattamento dei cavalli da tiro e da attacchi che le capitavano sotto gli occhi.
Nel caso venissero frustati in modo violento o ingiustamente la Lady prendeva a ombrellate conducenti e fiaccherai.
E quando vedeva cavalli troppo vecchi e sofferenti dava un contributo in denaro ai proprietari.
Perché mettessero fine alle loro sofferenze (macello, all’epoca non c’erano pensionamento né eutanasia) potendone acquistare uno nuovo.
Le cronache locali, come appunto quella de Il Piccolo, riportavano regolarmente quelli che erano definiti “attacchi isterici di zoofilia”.
Ma si sa, per gli uomini è sempre stato facile etichettare come isteria la giusta rabbia femminile.
Capitava anche che vedesse cavalli marcare mentre erano attaccati ai vagoni del tram: nel qual caso non si dava pace finché non fossero stati fatti rientrare in scuderia.
Un altro modo in cui agiva era quello di premiare chi lavorava per sensibilizzare le coscienze sul benessere animale.
Oltre a premiare chi li trattava bene, infatti, dava regali in denaro a maestri e sacerdoti che, dalla cattedra o dal pulpito, si spendessero per la causa.
Ma oltre a quella dei cavalli la cattolicissima Lady Burton lavorava anche per la salvezza dell’anima del marito.
Non avevano avuto figli, con lui aveva condiviso numerosi viaggi in Estremo Oriente, oltre all’interesse per la cultura araba e la letteratura.
Ma non quello per la traduzione di testi considerati ‘spinti’, come il Kama Sutra, Le Mille e una notte e Il Giardino profumato: Burton era un poliglotta fenomenale, conosceva 29 tra lingue e dialetti tra cui arabo, indostano e persiano,
Lady Burton, una volta morto il marito, bruciò la maggior parte delle sue opere e traduzioni.
Un danno culturale incalcolabile, ma che la nostra paladina riteneva necessario.
Perché voleva evitare al marito non solo una cattiva fama, ma anche il pericolo di causare tentazioni peccaminose in altre persone.
In particolare Il Giardino profumato prestava il fianco ad accuse di pederastia, volendo fare il Catone morale dei gusti sessuali di Burton.
Una donna davvero ardente, dicevamo della moglie: un esempio da studiare per calibrare in modo pratico e utile premi e castighi a chi si occupa di cavalli.
Dove a nostro modo i vedere risaltano un paio di cose: la signora esercitava con regolarità la sua attività di controllo, e sapeva distinguere un cavallo zoppo da uno che stava bene.
Tra tutte le frasi ironiche lanciate al suo indirizzo, infatti, pare non ce ne sia nessuna che l’accusasse di incompetenza o di falso allarmismo.
Qui una biografia minima di Giuseppe Garibaldi, fondatore in Italia di quella che diventò la Protezione degli animali italiana