Bologna, 28 marzo 2021 – I Lipizzani ci riprovano. O meglio, gli estimatori di questa preziosa razza, più volte arrivata ai ‘minimi’ per la sopravvivenza, non si arrendono. E rilanciano la candidatura.
Già nel 2015 l’Unesco aveva rigettato la richiesta dell’Austria per fare riconoscere la Scuola di Equitazione Spagnola di Vienna, l’allevamento di Piber e il centro addestrativo di Heldenberg quale Patrimonio dell’Umanità.
E nonostante il precedente diniego, la scorsa settimana la Commissione Nazionale Italiana, presieduta da Franco Barnabé, ha approvato la candidatura all’Unesco dei “Cavalli Lipizzani – Lipizzan horse breeding traditions”.
“Cavalli Lipizzani”, secondo quanto riportato da una nota Unesco.it, è una candidatura transnazionale.
Capofila dell’iniziativa è la Slovenia a cui si affiancano Italia, Austria, Bosnia, Croazia, Ungheria, Romania e Slovacchia.
L’allevamento del cavallo Lipizzano rappresenta un complesso patrimonio di conoscenze e pratiche tramandatesi nel corso dei secoli nelle aree politicamente e geograficamente assoggettate all’influenza asburgica.
Dalla creazione della razza nel 1580 presso la città di Lipica, nell’odierna Slovenia, il cavallo Lipizzano si è diffuso in tutti i paesi dell’impero austro-ungarico, implementando infrastrutture, architetture e saperi che continuano ancora oggi.
Il Lipizzano è stato il cavallo delle più radiose nobiltà. Ha trainato per il mondo le carrozze reali. Cannoni di tanti eserciti. Ha fatto la storia della magnifica Scuola di Vienna.
Poi, con l’avvento dei mezzi meccanici, il suo allevamento, così come il suo impiego, hanno iniziato una curva discendete. Che è precipitata con il susseguirsi dei conflitti mondiali. Con la povertà e, letteralmente, con la fame. Fino a mettere a rischio la razza stessa.
Ciò che invece ha attraversato indenne la storia è il fascino di questo cavallo che oggi sta godendo di una nuova ‘giovinezza’. Duttile, impiegato a sella e alle redini lunghe, è pronto per il riconoscimento Unesco.
O almeno, così ci auguriamo