Modena, 7 febbraio 2024 – Continuiamo a raccontavi come è nato il cavallo da Trotto.
Nella puntata precedente vi avevamo lasciati qui, con il confronto tra il mondo un po’ snob del Purosangue Inglese e quello decisamente più rurale e vigoroso del cavallo Trottatore.
E infatti il Nostro ha una origine molto più recente. Ancora così nuova da non vedere tanto lontani i tempi in cui il suo stud-book era aperto a tutti i cavalli che, semplicemente, segnavano un dato tempo su una data distanza percorsa solo ed esclusivamente a questa precisa andatura.
Trottare, doveva semplicemente saper trottare veloce e regolare e in razza si poteva metter qualsiasi cosa – basta che non rompesse tanto facilmente al galoppo, perbacco!
Da noi in Italia si ha notizia certa delle prime gare regolari al trotto nel 1808: erano quelle dell’allora nuovissima piazza del Prato della Valle, a Padova.
Ricchi premi in denaro e medaglie d’oro ai vincitori, che si sfidavano arrampicati su arditissime padovanelle (il sediolo, spesso molto ornato, era alto sull’asse delle ruote di grande diametro).
I cavalli attaccati erano i più diversi ma si distinguevano, fra tutti, i mitici rappresentanti della razza Piave. A volte incrociati con il Purosangue inglese, questi piccoli e gentilissimi cavalli friulani erano i più dotati trottatori dell’epoca, almeno in Italia.
Che le gare al trotto avevano i loro amatori ovunque, dall’Inghilterra alla Russia (patria dei mitici Orlov), dagli Stati Uniti alla Francia. Ma per il momento ci concentreremo sui nostri cavalli per continuare questa storia cominciata in modo tanto familiare.
Le corse al trotto hanno qualcosa di più intimo e vicino, rispetto al galoppo. Le piste sono più piccole, i cavalli più vicini al pubblico durante tutta la gara e la loro azione più lenta permette di godersi a lungo lo spettacolo della loro azione.
Che il gusto degli appassionati è tutto lì, nel sentire la meccanica perfettamente armonica di una andatura apparentemente semplice.
Ma che richiede tecnica sopraffina del guidatore, e talento speciale nel cavallo, per contenere la massima potenza possibile senza farla esplodere nel troppo naturale e istintivo galoppo.
Oltre al cavallo era necessario anche un legno speciale. All’origine erano i sedioli, come quello che si può vedere al Museo di Bassano del Grappa o lo splendido esemplare custodito al Museo Civico di Modena.
Quest’ultimo sediolo, costruito dall’intagliatore Antonio Luigi del Buttero tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, è l‘unico che ancora conserva i finimenti originali.
Si tratta di un legno decorato in modo squisito, intagliato e dorato, e il finimento è quasi del tutto completo.
Il perfezionamento dei sedioli lasciò sempre più spazio alla qualità dei cavalli, nel 1869 cominciavano ad essere veramente questi a fare la differenza.
Una volta che tutti poterono dotarsi dei nuovi modelli non erano più possibili forti vantaggi come quello di Gatta, allenata dal cavalier Rossi, che stravinse per un numero impressionante di corse.
Stracciando anche il fortissimo Rondello, roano figlio di uno stallone ungherese e fattrice friulana: il sulky di Gatta pesava solo 78 chili e lei volava.