Bologna, 21 febbraio 2021 – La notizia era già sembrata succulenta e aveva fatto un certo clamore. D’altro canto, trovare dei resti di cavallo, anzi di cavalla, da 16mila anni di età non sarebbe stato un colpo da poco.
Però… A ben guardare le cose non stanno proprio così e gli scienziati, di fronte all’evidenza portata in dono dalla tecnologia, hanno dovuto mettere rapidamente la ‘retro’ e rivedere le proprie stime.
Il tutto si è svolto negli Stati Uniti, nello Utah e per la precisione a Lehi. Qualche tempo fa, durante uno scavo di ricerca, gli archeologi avevano rinvenuto le ossa di una cavalla e si era pensato che potessero risalire all’ultima Era glaciale.
La stima sull’età dei resti di questa ‘signora d’altri tempi’ era sta formulata sulla base dei sedimenti lacustri, risalenti appunto a 14-16mila anni fa, raccolti nel luogo esatto della sua sepoltura.
Pensando che uno più uno faccia sempre due, gli studiosi avevano ipotizzato che i resti dovessero avere la stessa datazione dei sedimenti.
Ma a una indagine più accurata, eseguita con complicate tecniche strumentali al radiocarbonio, è emerso che la morte di Lehi – questo il nome dato alla cavalla – poteva essere fatta risalire appena dopo il 1680. In epoca post-colombiana. Dopo quindi che nel Nuovo Mondo erano arrivati i cavalli domestici ‘al seguito’ dei galeoni spagnoli.
Dall’analisi dei resti, è emerso che Lehi, allevata, curata e montata da indigeni nativi, doveva essere morta a circa 12 anni. Una bella età per una cavalla di quei tempi. E l’avevano sepolta, così come si doveva ai membri importanti della propria comunità. E come era uso fare appunto nelle tribù dei nativi d’America.
Grande delusione per gli studiosi: niente cavallo dell’Era glaciale. Niente scoop archeologico alla Indiana Jones quindi. Ma sicuramente una lezioncina preziosa dal lontano passato su come ci si dovrebbe occupare dei propri cavalli anche ‘dopo’.