Bologna, 14 agosto 2024 – Una volta, dei cavalli c’era chi diceva che, salvo rarissimi casi, non fossero proprio intelligenti… Erano capaci di correre fino a farsi scoppiare il cuore… Ma forse, per tanto tempo, si è fatta confusione tra generosità e intelligenza e, per fortuna, oggi si guarda all’amico a quattro gambe con un nuovo rispetto consapevole. Tanto da suscitare la curiosità degli scienziati che – nel nostro caso stiamo parlando di quelli della Nottingham Trent University britannica – hanno voluto dedicare un nuovo studio scientifico per scoprire quali sono i meccanismi di apprendimento dei cavalli.
Lungi dall’essere un mero esercizio da ‘cervelloni’, questo studio potrebbe contribuire in maniera sostanziale alle scelte nel training dei cavalli, a tutto vantaggio del loro benessere.
Lo studio in tre fasi
Scendendo nel dettaglio pratico, gli studiosi britannici hanno sviluppato un test in cui, in una prima fase, i cavalli dovevano toccare un pezzo di carta con il muso per ottenere un premio. Una volta raggiunto il primo obiettivo, nella seconda fase gli studiosi hanno iniziato ad alzare l’asticella e rendere il challenge gradualmente più impegnativo. I cavalli non avrebbero ricevuto un premio se avessero toccato la carta mentre una luce era accesa. Di contro, l’avrebbero invece ricevuto se l’avessero toccata mentre la luce era spenta. Dall’osservazione degli studiosi è emerso che in questa fase, tutti i cavalli hanno faticato a svolgere questo compito, toccando indiscriminatamente la carta indipendentemente dal fatto che la luce fosse accesa o spenta, pur venendo frequentemente premiati per tutte le loro risposte corrette.
Nella fase finale del test, i ricercatori hanno introdotto una ‘penalità’ per aver toccato la carta quando la luce era accesa. Ai cavalli veniva ‘inflitta’ una sospensione dal test di circa 10 secondi durante i quali non potevano giocare o ricevere alcuna ricompensa.
A fronte di questa ‘punizione’ si è notato che gli errori – cioè toccare la carta quando la luce era accesa – sono improvvisamente diminuiti in maniera significativa. I cavalli impiegati nel test hanno cominciato a toccare la carta solo con la luce spenta per ricevere il premio.
A questo punto gli studiosi hanno ipotizzato una cosa che moltissimi insegnati hanno sempre saputo dei loro studenti: sono intelligenti ma non si applicano…
L’elaborazione cognitiva che non ci si aspettava
La teoria avanzata infatti sosterrebbe che, piuttosto che non aver capito cosa venisse loro richiesto come sembrava in origine, è possibile che i cavalli abbiano capito il gioco per tutto il tempo, ma che abbiano volontariamente trovato un modo di ‘giocare’ che consentisse loro di non dover prestare troppa attenzione. In pratica di non impegnarsi troppo.
Il che dimostrerebbe un livello di elaborazione cognitiva più elevato di quello che si riteneva possibile in precedenza, in quanto i cavalli hanno dimostrato di essere in grado di cambiare istantaneamente strategia e di comportarsi in modo diverso non appena c’è stato il rischio che venisse loro sottratto qualcosa.
Secondo i ricercatori, questo approccio richiederebbe al cavallo di pensare al futuro, in una maniera molto orientata verso un obiettivo. I cavalli devono concentrarsi su ciò che vogliono raggiungere e su come farlo.
Una sorta di pensiero strategico che i cavalli pianificherebbero in anticipo.
«All’inizio abbiamo scoperto che i cavalli continuavano a toccare la carta perché probabilmente si rendevano conto che avrebbero ottenuto una ricompensa frequente con uno sforzo mentale minimo – ha spiegato la dottoressa Carrie Ijichi, titolare della ricerca -. Non c’era alcun ‘costo’ nel toccare la carta indiscriminatamente. A volte pagava, a volte no. Quando abbiamo introdotto un ‘costo’ per i loro errori, invece, i cavalli sono riusciti immediatamente a capire e a giocare correttamente».
I modelli di apprendimento sono alla loro portata
«Alla luce di questo studio – ha proseguito la dottoressa Ijichi – pensiamo che i cavalli possano essere in grado di utilizzare una forma di apprendimento chiamata ‘apprendimento basato su modelli’ che si pensava fosse troppo complessa per loro. Questo ci aiuterà a capire molto meglio il loro comportamento e le loro capacità».
Secondo quanto spiega la dottoressa Ijichi, il cavallo disporrebbe di una corteccia pre-frontale poco sviluppata, che è quella a cui di solito attribuiamo la capacità di produrre questo tipo di pensiero negli esseri umani. Ciò significa i nostri amici a quattro gambe devono utilizzare un’altra area del cervello per ottenere un risultato simile e ciò insegna che non dovremmo fare ipotesi sull’intelligenza o sulla senzienza degli animali basandoci solo ed esclusivamente sul fatto che sono ‘costruiti’ proprio come noi.
I cavalli sono in grado di pensare strategico e di pianificare in anticipo: qualcuno in scuderia se ne era sicuramente già accorto ma ora lo certifica anche la scienza. Facciamocene una ragione…
Per chi volesse leggere l’intero studio (in inglese) CLICCA QUI