Grosseto, 29 dicembre 2022 – Vi è mai capitato di stare appoggiati su uno steccato a guardare un cavallo che pascola?
Si sta lì col mento appoggiato sulle braccia incrociate, il tempo passa senza fare rumore. E noi intanto rimiriamo quella meraviglia di Dio che ogni tanto solleva la testa, ci guarda un poco e poi si rituffa col naso in mezzo all’erba come se fosse una questione di principio farne piazza pulita.
E lì nel prato non c’è solo un cavallo ma una storia lunghissima, che si intreccia con la nostra e non la lascia mai.
Prendete la grigia di questa fotografia ad esempio, che abbiamo conosciuta a Grosseto diversi anni fa nei pascoli del Centro Militare Veterinario.
Lei era una Persano, una delle ultime rappresentanti con le stellette di quella che fu la splendida Razza Governativa nata tra Eboli ed Altavilla grazie a Carlo III di Borbone, attorno al 1760.
Come base della razza furono utilizzate cavalle indigene, per la maggior parte provenienti dal rinomato allevamento del principe Torella (in Basilicata)e tutte derivate da stalloni arabi, persiani e spagnoli.
Prospera fino al 1830, la Razza contava sempre circa 180 fattrici e una decina di stalloni in funzione.
Si disciplinavano le monte, venivano eliminati i soggetti meno pregevoli e si lasciavano i puledrini più belli sotto la madre per un periodo di tempo più lungo del solito lasciando vuota la fattrice l’anno successivo, di modo che usufruissero al massimo del latte materno.
Gli stalloni erano tenuti in scuderia, le fattrici coi puledri sempre al pascolo e d’estate per sfuggire la calura venivano portai sui monti di Aresta, Montenero e Lauropiano dove trovavano pascoli freschi e profumati.
Purtroppo un altro Borbone, Ferdinando II, introdusse in razza il Macklemburg dando il via al decadimento; nel 1868 il Ministero della Guerra del Regno d’Italia prese per sé la tenuta con tutti i cavalli. Ma il terribile ministro Ricotti (detto Lesina) nel 1874 soppresse la Razza.
I cavalli vennero dispersi e il nucleo più consistente – una cinquantina di fattrici tra le migliori – venne acquistato dal re Vittorio Emanuele II che le trasferì a San Rossore.
Nel 1900 il Ministero della Guerra ricostituì l’allevamento. Serviva produrre un buon cavallo per la truppa e bisognava diffonderlo nelle razze private, quindi si misero a disposizione degli allevatori stalloni e fattrici ad ottime condizioni.
73 cavalle che per tipo ed omogeneità potevano formarne la nuova base vennero scelte dai vari Reggimenti, a loro (e qualche altra ritrovata in allevamenti privati) vennero dati gli stalloni Iubilee (PSI) e Giacomello (P.S.O.) da cui derivarono rispettivamente il gruppo Melton e Luati.
Il Persano doveva essere l’esempio da seguire, il modello ideale cui tendere per migliorare la produzione nazionale e dopo la Grande Guerra si fissò la tendenza “orientale” della razza – erano tornati splendidi, ma in pochi anni abbiamo disperso tutto.
La cavalla grigia che guardavamo pascolare era di Mauro Crocini, un buttero che ha lavorato sin da quando era ragazzo qui al Ce.MI.Vet..
Gli chiedemmo il perché di una scelta così poco maremmana: “Perché i Persano hanno testa e sangue” ci spiegò.
Poi ci eravamo tornati ad appoggiare allo steccato a guardare Paloma, che aveva otto anni e secoli di storia passati insieme a noi.