Torino, 23 giugno 2021 – Sic transit gloria mundi, anche quando si tratta di “mundi” equestri.
E’ ormai agli sgoccioli la vita attiva nell’ambito della sua primitiva destinazione d’uso per la mitica cavallerizza Caprilli di Pinerolo, ex tempio dell’equitazione militare italiana e del Sistema naturale di equitazione ideato dal capitano Federigo Caprilli.
Il Comune di Pinerolo infatti nei giorni scorsi ha ufficialmente scritto al presidente nazionale dell’Associazione nazionale Arma di Cavalleria, Alipio Mugnaioni, per chiedere di lasciare libera la struttura.
L’associazione “Cavallerizza Caprilli”, nella persona del suo presidente Luigi Greco, ha chiesto di poter rimanere almeno a fine anno: conta 120 soci, è ospitata alla Caprilli dal 2017.
Perché si è arrivati a questo punto?
Come mai quella che era una struttura da record (il maneggio coperto più grande d’Europa dei suoi tempi, per la cronaca) è ormai destinata ad altro e non avrà più niente a che fare con i cavalli?
Si potrebbe dire che “…all’origine della richiesta del Comune, del 9 giugno, firmata dal sindaco Luca Salvai e dall’assessore Christian Bächstädt, c’è un decreto legislativo del 28 febbraio. Entrato in vigore il 2 aprile, che regolamenta le discipline sportive con animali. Secondo primo cittadino e il suo assessore, la Cavallerizza Caprilli non ha più i requisiti per ospitare animali e occorre trovare una nuova destinazione. Neanche con i lavori di ristrutturazione che il Comune aveva messo in programma e per cui ha stanziato 208mila euro. Senza riuscire ancora a realizzarli”.
Che la cavallerizza, trasferita dal Demanio al Comune il 26 luglio 2018, non è più cosa che abbia a che fare con la cavalleria, o con l’equitazione.
Ma forse la verità vera è che i muri, per quanto pieni di storia, non si possono difendere da soli.
I muri stanno in piedi e hanno una ragione d’essere solo se sono riempiti di persone che credono in quello che fanno, che hanno un progetto comune.
E riescono ad organizzarsi e interagire con altri sistemi e organismi diversi per fare rete e realizzare qualcosa di vivo e utile per tutti.
Se no i muri muoiono, proprio come le persone o i cavalli.
Rimangono lì in piedi, magari, ma senza l’anima che li ha fatti vivere per anni.
La Cavallerizza Caprilli è stata lasciata sola da tanto tempo, vuota della sua ragion d’essere da ormai 50 anni.
E più precisamente dalla fine della Seconda guerra mondiale, quando fu soppressa la Scuola di Applicazione di Cavalleria che aveva qui la sua sede.
Il maneggio coperto misura 60 x 34 metri coperti ed è stato costruita sul progetto della medesima società che realizzò anche la Stazione Centrale di Milano, in stile Art Nouveau.
La cavallerizza era stata concepita così fuori misura (Saumur ne aveva una di 60 x20) perché doveva permettere il lavoro in contemporanea di 30 binomi.
Una necessità per i reparti di Cavalleria ai tempi in cui era ancora operativa.
Questa è solo la triste pagina finale di un storia che non sorprende nessuno, ormai: evitiamo lacrime di coccodrillo, please.
Una curiosità: in una vecchia cartolina d’epoca la Cavallerizza Caprilli è ripresa assieme all’asilo infantile adiacente.
Ci sembra che le due scuole stessero proprio bene così vicine.
Come dire, qualcosa che ha a che fare con la crescita e la cura, l’educazione e l’attenzione…
Boh, ma non dateci retta che noi siamo solo dei vecchi romantici.
In questa ottica sarebbe bello diventasse, come si è sentito in giro, una biblioteca dedicata al cavallo e all’equitazione: sarà vero?
Vedremo.
Qui la fonte della notizia, da Torino Oggi e qui un articolo che ci è piaciuto parecchio, da La Voce Pinerolese.