Bologna, 29 gennaio 2025 – Purosangue. Il cavallo per eccellenza. Il più bello, il più veloce, il più radicato nella memoria storica e richiamato nell’arte… Quello di cui, attraverso scritti e storia, ‘conosciamo’ mamma, papà e il momento esatto della nascita… Ma quanto è cambiato il Purosangue del XVII secolo rispetto alle star del turf di oggi?
A rispondere a questa domanda – che tra l’altro è utile anche per capire come sarà domani – scende in campo la scienza. Con un progetto finanziato dal Koller Endowed Funds del Dipartimento di Scienze Veterinarie del Regno Unito.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con l’Agricultural Experiment Station del Regno Unito e l’Università del Nebraska-Lincoln. Dove i ricercatori dell’Università del Kentucky Martin-Gatton College of Agriculture, Food and Environment – in collaborazione con l’Università del Minnesota e l’Università della California-Davis, hanno utilizzato il sequenziamento dell’intero genoma per analizzare il DNA di 185 Purosangue nati tra il 1965 e il 2020.
Pubblicato su Scientific Reports, i risultati dello studio forniscono una base essenziale per comprendere come la selezione in questa razza abbia influito sulla sua diversità genetica negli ultimi cinquant’anni.
L’obiettivo
«Lo scopo di questo studio è stato quello di quantificare l’entità della variazione genetica e della consanguineità nei cavalli di razza», ha dichiarato Ernest Bailey, professore presso il Centro di ricerca equina Maxwell H. Gluck del Martin-Gatton CAFE e autore principale dello studio. Utilizzando il sequenziamento dell’intero genoma (WGS) dei cavalli, gli scienziati hanno ricercato quei dati che potessero essere utilizzati per affrontare le preoccupazioni relative alla consanguineità e alla diversità genetica all’interno della razza, offrendo agli allevatori preziose indicazioni per fare scelte informate che preservino la salute e le prestazioni della razza.
Il metodo
Lo studio ha messo a confronto due gruppi di Purosangue. 82 cavalli nati tra il 1965 e il 1986 e 103 cavalli nati tra il 2000 e il 2020.
I ricercatori hanno identificato oltre 14 milioni di variazioni genetiche, rivelando che i cavalli delle generazioni più vecchie presentavano una diversità genetica leggermente maggiore, mentre i cavalli delle generazioni più giovani mostravano un modesto aumento della consanguineità.
«L’allevamento selettivo si concentra sull’aumento dei tratti desiderabili, come la velocità e la resistenza, ma può anche aumentare il rischio di amplificare le varianti genetiche dannose», ha spiegato Jessica Petersen, professore associato presso l’Università del Nebraska-Lincoln, Dipartimento di Scienze animali.
Sprinter contro maratoneti
Una scoperta degna di nota riguarda l’aumento del 10% della frequenza di una variante genetica legata al ‘gene della velocità’, che influenza la capacità di sprint. Questa tendenza riflette uno spostamento delle priorità di allevamento verso le gare di breve distanza.
«Il DNA non mente – ha dichiaratoTed Kalbfleisch, professore del Dipartimento di Scienze Veterinarie e coautore dello studio. – «Questo cambiamento nel genoma è in linea con la crescente popolarità di gare più brevi e veloci e dimostra come le decisioni di allevamento lascino impronte misurabili sul patrimonio genetico della razza».
Parenti stretti
Nonostante sia una preoccupazione ricorrente tra gli allevatori, i dati raccolti portano gli studiosi hanno stabilito che «La consanguineità può aiutare a consolidare i tratti positivi, come la velocità o la resistenza. Tuttavia è anche importante monitorare ed evitare combinazioni genetiche dannose».
Con strumenti come il WGS, gli scienziati possono identificare e gestire in modo proattivo i rischi prima che abbiano un impatto sulla razza.
Le applicazioni pratiche dello studio sono chiare: identificando i rischi genetici, è possibile che in futuro gli allevatori possano testare stalloni e fattrici per individuare le varianti dannose e regolare gli accoppiamenti per evitare l’ereditarietà. Questo approccio protegge la salute dei singoli cavalli, preservando l’eccellenza atletica della razza.
«I dati dimostrano che gli allevatori hanno fatto un buon lavoro – ha detto Bailey. – Gli strumenti genomici lo dimostrano chiaramente a livello di DNA, ma è improbabile che possano sostituire le intuizioni e le conoscenze dell’allevatore nella ricerca di un cavallo da corsa migliore».