Bologna, 13 maggio 2019 – Comincia oggi la Museum Week 2019, che parte con il tema #WomenInCulture: il che per noi vuol dire approfondire la cultura equestre guardandola con gli occhi delle donne che più l’hanno onorata.
E che non sono solo state dame e damigelle gentilmente assise su una sella da amazzone, ma anche energiche signore che montavano come gli uomini, à califourchon: possiamo approfondire il tema grazie a P.A. Aubert e al suo libro Equitation des dames, edito a Parigi nel 1842.
Nella Francia di metà ottocento infatti, passati il terrore della Rivoluzione e le tempeste di Napoleone, si ritrovavano lentamente le abitudini aristocratiche del secolo precedente: tra le altre, il gusto per l’Arte dell’Equitazione.
Ai sopravissuti dell’Anciéne Régime non pareva vero di poter riparlare senza timore degli anni della gioventù e della corte di Maria Antonietta, e per un vecchio ecuyér come Aubert, cresciuto al Maneggio Reale delle Dame fu un piacere insperato poter scrivere nel 1842 un libro dedicato alle gentili amazzoni, per parlare della sua esperienza ma anche ricordare i tempi andati che lo videro giovane, in una corte splendida come quella francese.
In questo libro sull’equitazione femminile Aubert ne spiega le caratteristiche peculiari e le particolarità tecniche, e ci fa sentire il profumo un po’ antico di un mondo fatto anche, forse sorprendentemente, di signore veramente esperte dell’Arte, in grado di condurre il lavoro di una ripresa di saltatori e di assumersi la responsabilità di dirigere Haras e Scuole Accademiche, come Madame de Brionne.
Un lungo viaggio tra due epoche completamente differenti divise da appena mezzo secolo.
Il tutto, calandoci nella realtà molto particolare del mondo equestre al femminile, condizionato nel 1840 dal tipo di sella utilizzata, preferita in quanto permetteva sì alla dama di mantenere un’eleganza delicata di abbigliamento e accessori ma che non permetteva un assetto così solido come quello delle amazzoni del secolo precedente, molto più sicure in sella e molto più libere di montare veramente, vestite e calzate come uomini e che spesso montavano à califourchon.
In questa assurda non-evoluzione, il Nostro si conforta facendo notare la dovuta importanza dell’addestramento particolare del cavallo destinato ad una signora, addestramento lungo e paziente che permetteva alle Dame Reali di galoppare per i boschi nelle cacce e che cinquant’anni dopo veniva democraticamente messo a disposizione di quante signore dell’alta borghesia se lo potessero permettere.
Signore più moderne delle dame col tricorno ma più legate, costrette e limitate nelle loro possibilità da una serie di accessori (dalla sella, al busto ed agli abiti) che parevano inventati apposta per renderle così insicure da non poter essere autonome né indipendenti a cavallo, tutte ravvolte in delicatezze estetiche e formali legate alla moda quando un buon paio di stivali robusti e una sella che permettesse un assetto più sicuro avrebbero concesso loro di montare tanto bene quanto le colte dame del settecento – incipriate sì, ma con i calzoni di pelle di daino sotto i merletti delle gonne.
Nell’immagine un quadro di Francisco Goya conservato al Prado che ritrae una orgogliosissima Maria Luisa di Parma (1751-1819), regina consorte di Spagna e moglie di Carlo IV, in sella da uomo.