Bologna, 24 gennaio 2025 – ‘Sei un asino’, ‘non fare l’asino’: chissà poi perchè.
Visto che gli asini, giudicando in modo strettamente oggettivo dalle notizie di cronaca internazionali, non fanno altro che aiutare le persone nelle situazioni peggiori.
Da quella stalla a Betlemme 2.000 e rotti anni fa in poi non abbiamo altro che fatti positivi da ascrivere a loro.
Dove c’è miseria, dove c’è povertà, dove ci sono delle emergenze state sicuri che nelle agenzie una foto con qualche asino salta fuori: tirano carretti pieni di gente, di viveri, di combustibili assortiti.
Spostano rottami, materassi, feriti, morti, balle di fieno o di stracci, merci e masserizie.
Aiutano a scappare da un inferno, o a sopravviverci dentro.
Come quello della fotografia che abbiamo scelto oggi, attaccato a un carretto di sfollati palestinesi: attorno gli edifici distrutti di Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza.
Ma è solo un esempio, potremmo farne mille altri con fotografie di asini in posti e situazioni terribili a causa di guerre e carestie nei paesi più poveri del mondo.
E gli asini sono lì, spesso il solo aiuto possibile, l’unica forza in più.
Siamo asini, facciamo gli asini: il mondo sarebbe un posto più bello, se lo abitassero più asini – o almeno persone capaci della loro generosità, resistenza, saggezza, calma e disponibilità.
Tra i mille motivi per cui in questi posti disperati ci sono spesso tanti asini e meno cavalli, anche la loro estrema economicità di gestione: sono più piccoli, per avere il loro contributo in termini di forza motrice c’è bisogno di meno combustibile (leggi: fieno).
In più sono anche meno soggetti all’attacco di parassiti: quando in un pascolo i cavalli presenti hanno regolarmente qualche zecca da togliere a cura dell’attento proprietario, gli asini sono praticamente immuni da questa scocciatura.
“Più di 46.000 palestinesi sono stati uccisi nella Striscia di Gaza, secondo il Ministero della Sanità palestinese, da quando Israele ha lanciato una campagna militare nella Striscia in risposta a un attacco transfrontaliero condotto dal gruppo militante palestinese Hamas il 7 ottobre 2023, in cui circa 1.200 israeliani sono stati uccisi e più di 250 presi in ostaggio”, da EPA.