Ravenna, 26 luglio 2024 – Si dice che a Venezia nell’Ottocento ci fossero solo sei cavalli: i quattro di San Marco, le statue di lega bronzea sulla Basilica, e i due di Lord George Byron, l’eclettico e anticonformista poeta inglese innamorato dell’Italia dove era arrivato in fuga dall’Inghilterra
Forse si tratta di una leggenda perché Venezia, città di acque e Repubblica Marinara, con le calli strette e gli spazi urbani minimi, benchè avesse più volte limitato l’uso del cavallo per ragioni varie, resta comunque la città in cui i nobili usavano andare al Gran Consiglio in sella.
Anzi, ci andavano a ritmo della Trottiera, la campana di San Marco che prende il nome proprio dall’usanza di dettare il passo ai Nobili in arrivo.
Ma, se la leggenda è esagerata, è certo comunque che Lord Byron con i suoi due cavalli sospesi tra acqua e cielo, in quella che era comunque una delle città più importanti e popolate d’Europa, è un’eccezione e non una regola per la Serenissima.
E proprio l’immagine sospesa tra mare e nuvole, tra realtà e sogno, tra arte e storia, è la cover del catalogo della mostra ByronContemporaneo, dedicata al poeta del romanticismo inglese e mondiale cui il 25 ottobre prossimo verrà dedicato un Museo, per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, unico al mondo, a Ravenna, sua città di adozione dopo che il poeta a Venezia di innamorò di Teresa Guiccioli fino a seguirla poi nella ex capitale bizantina.
La storia di Lord Byron, oggi molto popolare in Italia per il bicentenario della morte e per l’apertura imminente del Museo, si lega profondamente ai suoi cavalli, anzi è proprio montando a cavallo che il poeta conosce la svolta fondamentale e purtroppo tragica della sua vita.
A Ravenna infatti il poeta si trasferisce con i suoi cavalli, tra il 1819 e il 1821, e nelle mattinate è solito uscire in sella nella celebre pineta dove il suo desiderio di libertà e di vita trova piena espressione.
Qui incrocia casualmente altre persone a cavallo che, captandone l’accento inglese, lo chiamano inizialmente l’Americano, e successivamente, tra una cavalcata nella pineta tra Ravenna e Classe ed uno sconfinamento sulla spiaggia dei moderni lidi, entrano in confidenza.
All’inizio i cavalieri ravennati e romagnoli guardano Byron con simpatia e curiosità, poi realizzano di chi si tratta, lo accolgono e lo inseriscono nei loro giri.
Diventa presto il padrone assoluto della scena, nei salotti come nei circoli. Byron è conquistato da loro e dalle loro idee: ma questi non sono nobili o persone qualunque.
Sono i protagonisti della Carboneria romagnola, una delle più numerose e attive in Italia, e sono impegnatissimi nel diffondere il verbo dell’Italia Unita e nel dare il là al Risorgimento Italiano.
Byron, dagli entusiasmi facili come dalle inclinazioni fortemente anticonformiste, non aspettava altro e se ne innamora: fa sue le istanze dell’Italia Unita, è sconfitto nei primi moti dell’Italia che insorge e deve scappare da Ravenna verso la Toscana, terra notoriamente più tollerante dove cercherà di approdare anni dopo anche Garibaldi, partendo dalla stessa Romagna.
Di qui poi arriverà a farsi paladino delle istanze di libertà di tutto il mondo fino a imbarcarsi per la Grecia e qui trovarvi la morte il 19 aprile 1824, combattendo per la liberà del popolo greco, poco più di duecento anni fa.
La sua tragica fine, la sua poesia romantica e ribelle, il suo spirito indomito, gli amori e le leggende, la sua ansia di libertà per se stesso e per le nazioni ne hanno creato un mito che travalica i secoli ed i continenti.
Ma nel momento della grande notorietà, dell’inaugurazione del Museo e della Mostra a lui dedicati a Ravenna, del catalogo e dei manifesti murales promozionali, l’immagine scelta dall’autore della mostra Giampiero Corelli per il suo catalogo è quella di un Byron a cavallo, sinonimo da sempre di bellezza e purezza.