Bologna, 24 febbraio 2020 – C’era qualcosa che mi aveva colpito la memoria nella sovracopertina dell’ultimo libro di Bartabas, D’un cheval l’autre.
Sulla quale il cavaliere, coreografo e regista francese è raffigurato mentre si inchina, reggendo sella e sottosella, davanti ad un sereno e bellissimo cavallo che accoglie l’omaggio sugli appiombi, in completa rilassatezza.
Un saluto, dove avevo letto di un saluto?…ma certo, in un libro prestatomi da un amico qualche tempo fa.
Un vero e proprio regalo, di quelli che capitano solo agli entusiasti topi di biblioteca e sfacciatamente fortunati, per di più.
Perché la copertina di quel libro non è appariscente, il nome dell’autore non famoso: eppure il signor Stefano Arcellazzi con questo «Lezioni di cavallerizza» aveva dato alle stampe uno dei più gustosi, consapevoli e ben fatti manuali per apprendisti cavalieri che ci sia stato dato di leggere.
Noto giurista e magistrato, aveva una gran voglia di raccontare le cose che amava: scrisse un saggio sulle leggi austriache, una raccolta di lettere a scopo didattico dedicate al figlio e questo piacevolissimo libro che parla non solo del lavoro in maneggio e dei cavalli, ma anche di tutto quello che deve sapere chi vuole avvicinarsi a questa arte «nobile e dilettevole».
Il tutto in modo anche ironico e divertente, con quei dettagli impagabili che solo chi ha un vero interesse per quello che sta raccontando sa di dover sottolineare: uno per tutti il saluto al cavallo prima di montare in sella, un «dovuto atto di civiltà» che non sapevamo fosse codificato negli usi e costumi di cavallerizza ma ci piace moltissimo, e vorremmo recuperare seduta stante.
Là, così raccontandovi di questo libro antico abbiamo potuto citarne anche un altro, più moderno, di cui speriamo di potervi riparlare a breve.
Lezioni di cavallerizza di Stefano Arcellazzi – per G. Vincenzi e comp., Modena 1813