Bologna, 30 giugno 2022 – Ci fu un tempo, quello dei Romani, in cui l’unico mezzo di trasporto nel nord Europa erano i cavalli. Stiamo parlando di un’epoca molto remota… Su per giù verso la fine del I Secolo avanti Cristo. E per nord Europa si intende tutta la parte conosciuta di terre emerse che si trovava oltre le Alpi.
Poi però, arrivarono gli uomini dell’impero e con loro scavalcarono le montagne anche degli equidi che da quelle parti non si erano mai visti: i muli.
I quali, invece. Erano tutt’altro che una novità in tutto il bacino del Mediterraneo, dove si pensa abbiano iniziato a diffondersi fino dall’Età del Ferro.
Questo è quanto riferisce uno studio recente condotto dall’ArchaeoBioCenter, l’Università Maximilian di Monaco, l’Università di Vienna e la State Collection for Paleoanatomy tedesca.
Il rustico incrocio tra cavallo e asino pare fosse al centro di un florido mercato allevatoriale. E godesse della massima stima in ambito militare e lavorativo fin nell’antica Roma.
Tornando allo studio accademico, gli esperti hanno esaminato il Dna di oltre 400 equidi i cui resti sono stati rinvenuti in un insediamento celtico e in sette romani, localizzati nelle province più a nord dell’impero. Corrispondenti oggi al sud della Germania, Svizzera e Austria.
I reperti, datati in un arco temporale che va dal I secolo avanti Cristo fino al V dopo Cristo, indicano che non vi erano originariamente muli nell’insediamento dei Celti. Mentre ogni 6 equidi, uno era un mulo in quelli romani.
Un business all’ombra del Colosseo
«L’allevamento dei muli deve essere stato assai remunerativo», spiega Joris Peters, direttore della State Collection for Paleoanatomy.
Studiando il Dna degli animali, l’analisi geochimica dei reperti racconta che i muli erano nati in luoghi caldi (sicuramente più a sud) e si erano poi ‘trasferiti’ oltre le Alpi.
Il che significa, sotto il profilo allevatoriale, che questi ibridi erano stati allevati specificatamente in luoghi diversi e assai lontani rispetto a dove sono stati rinvenuti poi i loro resti.
Ma la sfida degli studiosi non finisce qui. Il prossimo step per questi navigatori del tempo sarà stabilire se i muli non fossero per caso ‘frutto’ dell’importazione dalla vicina Gallia o da altre parti dell’impero romano…
Per chi fosse interessato a leggere l’intero studio apparso su Journal of Archaeological Science, Volume 143, 2022, 105624, ISSN 0305-4403, CLICCA QUI