Bologna, 29 marzo 2023 – È del 1978 la legge regionale che individuava le Murge quale sito per la realizzazione di un Parco. Unico strumento in grado di offrire, in equilibrio, tutela e sviluppo a un territorio di straordinario valore ma per troppo tempo vituperato.
La Murgia materana, oltre a una originale natura, conserva le più affascinanti vestigia della civiltà rupestre presenti in Italia. Offrendo una varietà di elementi storici che consentono di distinguere le culture diverse che si sono succedute nel corso dei millenni. Culture tutte ancorate a un ambiente naturale particolare che ha formato e condizionato l’identità di un territorio.
Oggi, la Murgia Materana, in questo spaccato di centinaia di ettari, è un habitat che preserva la biodiversità anche grazie ai nostri Caitpr.
L’allevamento di Cavalli Agricoli come forma di valorizzazione turistica si fonde con il Parco Regionale della Murgia e regala cartoline uniche ai tantissimi gruppi di visitatori che quotidianamente percorrono la panoramica che dallo Jazzo Gattini arriva fino al belvedere, solcato dalle gravine, che si affaccia sui Sassi di Matera.
Il rapporto tra uomo, cavalli e natura all’interno del Parco della Murgia Materana copre in maniera spettacolare un periodo temporale che va dalle civiltà rupestri agli inizi del 1900.
Lo sfruttamento cerealicolo-pastorale del territorio ha determinato la realizzazione di masserie, iazzi (o jazzi), sistemi di canalizzazione, vasche di decantazione e cisterne per la raccolta delle acque. Che nel corso dei secoli sono state messe in rete tra di loro attraverso una viabilità che si collega anche con la città di Matera. E che ancora oggi è utilizzata per gli spostamenti all’interno del Parco.
Un luogo magico… In cui operano appassionati rispettosi di buone pratiche di allevamento. Realtà che hanno a cuore la promozione dei territori attraverso la valorizzazione dei cavalli attaccati.
Come per esempio Giulio Perniola con il suo armento e Antonello Taccardi con il suo tiro a tre (triga), rigorosamente CAITPR.
La biodiversità, tesoro da custodire
L’Italia vanta in assoluto il patrimonio di diversità biologiche più variegato al mondo.
Negli ultimi 20 anni, sulla scia dei trend dettati dai nostri cugini europei, il cavallo inteso come animale da zootecnia finalizzato alla selezione e all’allevamento ha subito un processo di riqualificazione anche nelle moderne aziende agricole, veicolando in maniera calzante i concetti di eco-sostenibilità e basso impatto ambientale.
Ed è in questo spazio che oggi la “conservazione della biodiversità” trova una collocazione su diversi livelli.
Innanzitutto l’attività operata dagli allevatori cosiddetti custodi. Che aderiscono a specifici programmi di conservazione come quello di PASSIONECAITPR lavorando quotidianamente affinché si conservi una certa variabilità del patrimonio genetico all’interno della stessa razza in determinate e specifiche condizioni.
In secondo luogo concentrandosi sulla capacità di adattamento di determinate specie in certi territori all’apparenza un po’ estremi e molto spesso assai diversi tra loro. Facendo sì che le aree adibite al pascolo vengano preservate da rimboschimenti selvaggi che potrebbero diventare habitat ideali per i pericolosissimi incendi estivi. Troppo spesso dolosi.
Last but not least, valorizzando la funzione sociale legata alla cultura storico-naturalistica. Che in questi anni sta fortunatamente vivendo un periodo favorevole, consente di rivivere seppur solo attraverso i ricordi le tradizioni, la cultura di certe terre profondamente intrise in questa civiltà pastorale.
Testo di Annalisa Parisi, foto di Marta Fusetti