Bologna, 5 aprile 2022 – Senza di loro nessun maneggio o centro ippico sarebbe lo stesso.
Perché loro, i castroni sono i maestri per antonomasia di chi è ai primi passi dell’equitazione, la mancanza degli ormoni maschili fa di loro degli esseri angelicati, al di là delle turbe passionali di stalloni e fattrici.
Elementi preziosi con la loro calma sia nell’attività sportiva che nella vita in paddock, sono più tardivi nello sviluppo rispetto ai maschi interi e alle femmine: vanno aspettati e rispettati in questa loro esigenza.
Solitamente si castra verso i 18 mesi di età. I cavalli operati in età avanzata mantengono determinate peculiarità caratteriali dei maschi interi, l’intervento non causa comunque problemi dal punto di vista fisiologico a qualsiasi età lo si effettui.
Ma eseguito tardi può lasciare alcuni atteggiamenti tipici dei maschi, ormai radicati nel comportamento del soggetto.
L’operazione può a volte causare infiammazioni e aderenze, nel qual caso si potrebbero presentare problemi di alterazione ai movimenti del posteriore con conseguente modificazione delle andature anche a distanza di anni.
Sembra che siano stati gli Sciti a castrare per primi i cavalli, ma per secoli i soggetti destinati all’uso militare erano lasciati interi.
Come norma generale, nell’Occidente cristiano nessun soldato di valore si sarebbe mai fatto vedere su una monta diversa.
In Italia si diffuse l’uso di castrare i cavalli militari verso la metà del ‘700, quando divennero più numerosi i reparti di cavalleria. Probabilmente per la truppa montata era molto più semplice gestire loro che degli stalloni, anche dal punto di vista logistico.
Delicatissimo, diremmo poetico il tono che Bourgelat dedica all’argomento nel suo libro ‘Trattato delle razze de’ cavalli’ del 1825 : «La castratura…se per un lato rende i cavalli, in cui viene eseguita, più trattabili, obbedienti, facili ad essere ammaestrati, di più sicuro uso, di più lunga vita, e li sveste di una certa caparbietà che domina in alcuni, li priva per l’altro di quel brio che anima i loro moti ed il loro sguardo, di quel nobile orgoglio che li distingue, e di quell’ardor generoso con cui si slanciano ne’ più ardui cimenti, e che anzi in traccia di essi sembra spingerli talvolta. Facile è i convincersi di questa differenza, ponendo a confronto un cavallo intiero e uno mutilato. Né è da credersi che il primo non possa acquistare le buone qualità del secondo senza deporre le proprie, e che la castratura sia necessaria onde piegare il cavallo al servigio dell’Uomo. Gli Arabi, i Persiani, i Turchi, gli Spagnoli, i Napolitani, i Sardi e altri popoli non fanno uso di questa operazione per i loro cavalli, eppure docili e mansueti li rendono a loro talento, ed ognuno conosce a qual punto siano addomesticati i cavalli Arabi che vivono insieme alle loro famiglie nelle tende…».
Ma per la pace del maneggio, la sicurezza dei principianti e la stabilità dei comportamenti, siano benedetti i castroni.
Ricordiamocelo, e ringraziamoli anche di questo con tutta la nostra riconoscenza.
Le note caratteriali di Francesco Taraschi, addestratore
I cavalli castroni hanno una nota di disponibilità più marcata verso l’ambiente che li circonda.
Sono generalmente più accondiscendenti ai cambiamenti e verso le persone, più collaborativi e tendenzialmente più remissivi e introversi.
L’attenzione in più
Nel caso del British National Hunt riguardo le corse in siepi, l’attenzione è proprio la castrazione dei soggetti maschi avviati alla carriera sugli ostacoli: per ridurre al minimo i rischi di traumi durante la corsa, ovviamente.