Milano, 1 febbraio 2018 – Quando Striscia la Notizia si occupa di qualcosa è fatta: vuol dire che l’operazione mediatica è garantita, e il polverone sulla ammissione dei cavalli Dpa ai ruoli federali Fise (quindi cavalli atleti, in definitiva) ne è la prova.
Perché quel “Dpa, Non Dpa, Dpa, Non Dpa…” è così simile al m’ama non m’ama di infantile memoria che in automatico scatta l’equazione (maestra Obici, please note: mi ricordo ancora!) Dpa : Non m’ama = Non Dpa : M’ama.
Cioè: se sono buona e sensibile, cavallo mio, ti metto Non Destinato alla Produzione Alimentare mentre se sono cattiva ti lascio Destinato alla Produzione Alimentare.
Perché se la diatriba, tutta post-federale, del cavallo sportivo più o meno Destinato alla Produzione Alimentare raggiunge anche il pubblico generalista della trasmissione targata Mediaset vuol dire che si è fatto boom e domani anche il postino ci dirà “Ah, ma ha visto quei poveri cavalli in TV, signora?…“.
Ma il postino forse non lo sa che la suddivisione Dpa/Non Dpa all’atto pratico è una norma che permette di somministrare ai cavalli sportivi (quindi Non Dpa) svariati farmaci – a loro necessari per gli acciacchi dovuti ad una normale carriera agonistica – che non potrebbero essere somministrati senza la regolare e meticolosa tenuta di appositi registri in scuderia, obbligatori invece per i cavalli Dpa.
Che è un po’ noioso e fa perdere tempo e non è nemmeno tanto bello far sapere quante infiltrazioni gli fai al cavallo che domani potresti voler vendere come integro e sanissimo, quindi molto meglio per chiunque salti da un concorso all’altro non essere costretto ad ottemperare a questa regola con il bell’escamotage del Non Dpa. Che ci fai anche un gran bel figurone, perché ci hai il cuore così dolce (sic) che il tuo cavallo non lo vuoi mai mai mai macellare…
Sarebbe molto meglio fare come in certi paesi del nord Europa (Svezia e Danimarca) dove i cavalli trattati devono osservare un adeguato periodo di riposo: così si eviterebbe il malcostume imperante (questo sì un vero maltrattamento) di fare un trattamento farmacologico al cavallo la mattina e farlo saltare il pomeriggio. Ecco, perché non si lavora su questo punto con Fise, veterinari e Ministero della Salute? questo sì, che sarebbe davvero utile ai cavalli.
Mentre i cavalli Dpa adesso sarebbero non solo quelli per cui è ancora obbligatoria ogni registrazione di somministrazione farmaci (logico, non si possno immettere sul mercato alimentare carni piene di medicinali e il nostro Regolamento di Igiene è uno dei meglio funzionanti d’Europa) ma anche quelli a cui no, non è consentito sperare in qualcosa di meglio dalla vita, a loro non è consentito salvarsela quella vita diventando compagni di sport di qualche bipede.
Capisco, un Cavallo Agricolo Italiano da tiro pesante rapido lo vedremo difficilmente saltare a Piazza di Siena; ma potrà sempre diventare un cavallo da attacchi: e dove andrebbe a finire tutto il lavoro fatto in questi anni per far crescere l’utilizzo amatoriale e sportivo di questi soggetti nel settore delle redini lunghe, se tanto per sentirci tutti più buoni proibiamo l’utilizzo sportivo dei cavalli Dpa?
Perché il nocciolo della questione è questo: ci sentiamo tutti più buoni a mettere la firma sotto una petizione qualsiasi, a mettere un like sotto un post strappacuore: ma i cavalli non si salvano con un like, non si salvano con una petizione.
Perché lo sappiamo tutti benissimo che tanti cavalli diventano comunque Dpa passando un paio di frontiere, pur avendo fatto anni di agonismo e assunto una marea di farmaci.
Perché lo sappiamo tutti benissimo che il macello non è l’unico modo per eliminare un cavallo.
Perché lo sappiamo tutti benissimo che nessuno ti proibisce di tenere il tuo cavallo fino alla sua fine naturale, anche se sul passaporto risulta Dpa.
Perché lo sappiamo tutti benissimo che “L’ho venduto a un commerciante, farà il cavallo da scuola ma non voglio sapere dove ci starei troppo male…“.
Perché lo sappiamo tutti benissimo che un cavallo lo salva solo il suo proprietario, lo salvano l’amore l’affetto e la gratitudine del suo proprietario.
Che nascono dalle soddisfazioni raggiunte insieme, dal lavoro fatto fianco a fianco.
Non da un certificato scritto.
Quindi io, personalmente, sono per l’accesso alle competizioni sportive anche dei cavalli Dpa: perché anche loro hanno il diritto di guadagnarsi la salvezza, non sono meno cavalli degli altri.
Poi, tanto per dovere di cronaca: quanti sono i cavalli diventati campioni dopo essere stati salvati sull’orlo del macello? tanti, il primo che mi viene in mente il famosissimo Snowman ma ce ne sono stati tantissimi altri. Quanti cavalli delle batterie si sono convertiti in nobili soggetti da salto ostacoli quando la maggior parte dei nostri cavalieri proveniva dall’Esercito? come Nasello, il grigio alter-ego del capitano Filipponi. O in altro ambito e tempi più recenti come Gery di Ilaria Signorini.
E ce ne sono stati anche di molto più recenti, fidatevi: un altro buonissimo motivo per non discriminare i Dpa, mi pare, che hanno il diritto di conquistarsi la vita.
Esattamente come ogni altro cavallo, Dpa o Non Dpa che sia.
P.s. La differenziazione tra equidi Dpa e Non Dpa esiste in Italia solo dal 2006. Ed esiste solo in Italia.