Perugia, 11 febbraio 2020 – Ormai ci siamo passati (quasi) tutti attraverso l’amletico dubbio: il cavallo lo tengo scalzo oppure no?
Personalmente una esperienza che avevo avuto in passato era stata negativa: avevo tolto i ferri a un Sella Italiano di 10 anni (vita da maneggio, tra paddock e campo in sabbia), da sempre abituato ad essere ferrato a tutti e quattro i piedi e che non ne aveva mai sofferto, e avevo ottenuto un cavallo che marcò per due anni buoni.
Risolsi il problema riferrandolo: tornò dritto come un fuso.
Ma un paio di anni fa ci siamo trovati ad affrontare una situazione diversa: abbiamo preso due cavalle Bardigiane da usare per passeggiate non impegnative nei dintorni di casa, qui sulle colline umbre e si è presentato subito un problema da risolvere.
Perché le mie due ragazze (le Bardigiane, per l’appunto) sarebbero state lasciate abitualmente al pascolo che è raggiungibile solo attraverso un sentiero ripido e sassoso, con ricovero notturno in scuderia comune ma non sempre sotto il nostro diretto controllo (che a volte il lavoro ci chiama altrove) e quindi in caso perdessero malamente un ferro poteva anche succedere che non ce ne accorgessimo subito, con rischio di inchiodature et similia.
Per questo, visto l’utilizzo non estremo che ne avremmo fatto, mio marito (medico veterinario ippiatra di lungo corso) ha deciso che sarebbero state lasciate scalze, senza ferri.
A dire la verità ero abbastanza contraria, in ragione dell’esperienza negativa del passato: ma tant’è, una volta deciso l’acquisto delle Bardigiane (prese insieme) abbiamo pregato l’allevatore di far loro togliere i ferri prima di caricarle sul trailer che ce le avrebbe portate a casa.
Così Nuvola e Frida sono scese insieme dalla rampa, toccando per la prima volta quello che sarebbe diventato il loro suolo quotidiano con otto piedi solo in parte già in piena efficienza: già, perché se Frida (14 anni) era perfettamente a posto anche nella versione barefoot, Nuvola (5 anni) accusava un chiarissimo disagio agli anteriori.
Camminava proprio sulle uova, non c’era niente da fare: subito davo la colpa ad un eccessivo pareggio dell’unghia al momento di toglierle i ferri da parte del maniscalco, ma col passare del tempo il problema non si risolveva.
E io sacramentavo: perché la cavalla è stata deliziosa e perfetta sin dal primo momento insieme, ma per me era una sofferenza sentirla così.
Col passare dei giorni la dolìa era sempre meno evidente, ma per almeno un anno è bastato un sassolino, o una trottata su terreno troppo duro per risentirla dolorante: eppure la sua compagna, che teoricamente avrebbe dovuto patire di più la mancanza dei ferri perché li aveva portati più a lungo, non ha mai avuto la benché minima ombra di problema.
Vero è che i piedi di Nuvola sono diversi da quelli di Frida: piatti e larghi quelli della prima, stretti e più chiusi nella seconda.
Ma apparentemente l’unghia è la stessa per entrambe, nera e dura compatta.
Per farla breve, ho portato pazienza seguendo l’indicazione maritale e la cosa ha dato frutto: da sei mesi (a poco più di un anno e mezzo dall’arrivo delle Ragazze) la Nuvola non ha più i piedi dolci.
Certo, si sceglie la strada più confortevole in caso sia possibile (privilegia l’erba, se può scansa la ghiaia ) ma anche quando c’è da fare una strada bianca con tutti i suoi maledetti sassolini non marca più: e adesso sì che è un piacere montarla, santapazienza.
E rimane il problema delle strade troppo sassose: so che è meglio evitarle quando ha gli anteriori anche soltanto appena lunghi perché con il mio poco dolce peso sulla groppa facilmente si slabbrano le unghie, quindi li evito accuratamente.
Ma visto che posso scegliere, evito i tratti problematici e scelgo solo sentieri con un buon fondo, che grazie al Cielo non mancano.
Quindi per noi, nelle nostre condizioni, si è rivelata una scelta giusta: montiamo le cavalle a giorni alterni, ogni volta per 5/6 chilometri tranne un giro più lungo una volta la settimana che può andare dai 10 ai 15 e per tenerle in ordine basta una pareggiata molto lieve ogni 40/50 giorni a Nuvola (la delicatina), mentre Frida potrebbe andare avanti anche altre due settimane perché consuma i piedi meglio dell’altra.
Ma ripeto: mi ritengo vincolata a determinati itinerari, e sono consapevole del fatto che se volessi affrontare un trekking di più giorni su terreni sassosi e/o sconosciuti la cosa migliore per Nuvola sarebbe la ferratura.
E’ vero che ho preso anche un paio di scarpette, ma – sarà stato l’effetto placebo o la fortuna – non le ho ancora mai tolte dal pacchetto.
E voi, che esperienze avete avuto con i vostri cavalli e i loro piedi?
Avete avuto incidenti con i cavalli ferrati al pascolo, o esperienza di trekking lunghi con cavalli scalzi? sono curiosa, condividiamo le esperienze.